Anime di pietra: Un thriller che parla di antropologia e psichiatria
Recensione a cura di Altea
La vendetta degli dei. Da tragedia a show comico

Negli ultimi anni molti libri diventano famosi sui social network prima ancora che nelle librerie. Di solito non mi incuriosiscono perché ho una sorta di spirito da bastian contrario ma una copertina mi ha incuriosita: Anime di pietra di Lloyd Devereux Richards edito per Piemme che ringrazio per la copia.

La copertina è bellissima, mi ricorda un disegno fatto con il gesso su lastre di ardesia.

Inoltre, come spesso accade, il mio cervello l’ha associata ad un altro libro che ho amato (fidatevi, lo ha fatto senza un vero motivo apparente visto che le due hanno in comune solo l’immagine di un albero) quindi ho deciso che dovevo leggerlo.

Anime di Pietra è un Thriller.

La protagonista Christine Prusik è un’antropologa forense e si trova ad essere assegnata, con un ruolo di comando, ad un’indagine che mostra da subito qualche cosa di strano: qualche elemento dei delitti risuona come un’eco di un evento passato.

L’antropologia è una scienza affascinante e negli ultimi anni le serie tv hanno offerto numerosi esempi su cosa un antropologo esperto possa arrivare a comprendere dal solo concatenarsi di alcuni comportamenti.

Sappiamo, ormai tutti credo, dalla cronaca e dalle sempre presenti serie tv, che i serial killer spesso hanno comportamenti, ripetitivi al limite della compulsione, che poi definiscono quella che viene chiamata: Firma.

La firma dell’assassino di Anime di pietra consiste nell’inserire piccoli animali di pietra all’interno dell’esofago delle sue vittime.

Questo particolare modus operandi ricorda molto una pratica messa in atto da una popolazione indigena della Nuova Guinea.

Quando l’agente Prusik se ne rende conto Anime di pietra inizia a sembrare l’opera di un serial killer piuttosto efferato.

Quello che Christine non sa è come le due cose si colleghino e perché tutto questo viene ad incidere sul suo passato.

All’indagine su questi strani ed efferati omicidi si associa anche un’indagine psicologica su una tematica che al pubblico piace sempre moltissimo ma che non vi rivelo per non rovinarvi il libro.

Chi mi conosce sa che con i Thriller io ho un rapporto scostante.

Di solito non è un genere che apprezzo. Alcuni mi sorprendono, però.

Anime di pietra lo ha fatto? Nel complesso è stato molto interessante e piacevole ma qualcosa non mi ha proprio convinta, anche se mi rendo conto che quello che non ha fatto impazzire me deve, per forza di cose perché io non sono il giudizio del mondo, essere molto piaciuto ad altri.

Anime di pietra è un buon thriller, ne ha tutti gli elementi e la lettura è scorrevole.

La storia narrata tiene in tensione il lettore anche se non posso dire che la trama sia la più originale che abbia mai visto, però ci sono spunti piuttosto interessanti che stimolano il lettore a volerne sapere di più, o almeno lo hanno fatto con me.

Cosa invece non mi ha convinto?

Ormai siamo abituati ad una sorta di necessità nell’avere un protagonista femminile e non c’è nulla di male in questo, ognuno sceglie il protagonista che desidera.

Se la storia regge lo fa anche se il protagonista è una capra ma è davvero sempre necessario inserire la romance tra i protagonisti? Un’agente donna non può essere brava, professionale e risolvere i crimini senza per forza dover avere problematiche di cuore?

In fondo la nostra Christine di problemi ne ha più che a sufficienza senza per forza dover annettere anche il teorema della donna in carriera che però ha bisogno di essere “salvata”, no?

Questo particolare elemento è stato l’unico che ha stonato nella mia percezione del romanzo. Perché il libro, come vi ho detto è piacevole, ben scritto e offre dei bellissimi spunti di approfondimento culturale per chi fosse interessato.

Anime di pietra

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