Pat Barker, dopo Il silenzio delle ragazze (Einaudi, 2021), torna davanti alle mura di Ilio con Il pianto delle Troiane, edito da Einaudi nel 2022.
Parlare di una guerra è sempre difficile, sia essa accaduta qualche anno fa o qualche millennio prima che noi nascessimo. Non si smette mai di pensare a quanto sia entusiasmante l’Epica di Omero ma di epico ormai ci sono solo le parole di un aedo anziano abbagliato dalla luce riflessa dagli scudi degli uomini che erano presenti davanti alle mura di Troia.
La guerra più epica di tutte è spoglia delle sue armi, giace stremata sulla sabbia che puzza di sangue, alghe e della paura che trasuda dalla pelle di coloro che, dopo la vittoria, sono intrappolati lì.
Perché? Il vento o gli dei non lasciano che le navi riprendano il mare.
Priamo è stato ucciso da Pirro, il bambino prodigio figlio del guerriero più grande e amato di tutti.
È il figlio di Achille ma nessuno crede che gli somigli. Pirro cerca di essere Lui, è venuto per terminare l’impresa di un padre che non ha mai conosciuto, per guidare i mirmidoni, per staccarsi dalla gloria del padre ed essere finalmente un uomo che ha qualcosa di suo da dire al mondo.
Ma, quando è solo, lo specchio gli racconta di quanto il vuoto lasciato da Achille non lo accoglierà mai accettandolo come re.
Si tenga, questo ragazzino ingrato, le sue insicurezze, le sue paure. Non è altro che un bambino viziato che conosce solo la violenza.
Pirro vive in una realtà diversa dalla verità.
Ha paura ma il figlio di Achille non deve averne, è terrorizzato ma il figlio di Achille non ha motivo di esserlo, non conosce nulla del mondo ma il figlio di Achille non ha il permesso di essere qualcuno che non sia suo padre.
Se solo questo ragazzo intrappolato vedesse quanto in realtà somiglia ad Achille.
Se non si trincerasse dietro a quello che dovrebbe essere…
Cedere all’ira è più facile, meno spaventoso. Cedere all’ira lo fa temere da tutti gli altri ma non lo rende Achille e questo non fa altro che aumentare la violenza, la gelosia e l’inaffidabilità ma soprattutto la paura di vedere il suo riflesso che lo deride.
Priamo è morto e giace insepolto perché Pirro si rifiuta di seppellirlo.
In realtà è fatto divieto a tutti di toccare il corpo del re.
Non possono gli uomini e non possono le donne.
Briseide che, dopo la morte del Pelide, è andata in sposa ad Alcimo è la voce narrante di una storia morente, dell’insensatezza di imitare Achille, della condizione di coloro che non sono i guerrieri ma devono fare i conti con la perdita di Troia.
È lo specchio delle prigioniere degli achei, il filtro di ogni mutamento di un accampamento che di vittorioso ha solo il titolo ma non l’aspetto.
Vi aspettereste che, terminato il glorioso decennio, i grandi guerrieri siano pronti a fare festa e tronarsene a casa. Invece sono topi in gabbia che devono trovare un modo per attendere e non sbranarsi a vicenda.
Nel campo s’aggira un oscuro lamento. Ci sono pianti che anche se privi di suono sono latrati di disperazione.
Il pianto delle troiane è sommesso, nascosto ma visibile a tutti coloro che hanno occhi per vedere.
Qualcuno direbbe che la disgrazia unisce. Seguite Briseide e scoprirete che il piando delle troiane non è un coro ma una cacofonia di assoli scoordinati.
Ognuna delle prigioniere piange una Ilio diversa.
Il pianto delle troiane è l’eco della regina Ecuba che si ammanta di una regalità che le dona una dignità che solo lei vede.
Il pianto delle troiane è l’insieme delle voci che assillano Cassandra. Sono voci di morte e la sacerdotessa le ascolta come fossero vino dolce.
Il pianto delle troiane è la paura di Andromaca che ha visto suo marito trascinato da un carro e suo figlio gettato dalle mura da un ragazzo che non a malapena può chiamarsi uomo.
Non sono solo coloro che erano regine e principesse a piangere una vita che non avranno mai più ma anche coloro la cui condizione ha comportato solo un cambio di padrone.
Sì, anche le schiave di Ilio piangono e sono troiane.
La guerra di Troia è stata una storia di uomini ma anche di donne, di anziani, di bambini, di fragili, di forti, di bulli e di insicuri.
Non c’è nessuno, in una guerra, che passa in rassegna gli schieramenti colorando di nero i cattivi, di bianco i buoni e di grigio coloro che sono sacrificabili rendendoli invisibili a chi combatte.
Se è questo che credete, questo libro non fa per voi.
La penna di Pat Barker non ha sconti per gli esseri umani.
La prosa è ricercata ma spigolosa e cruda. Le parole sono i macigni di una città le cui mura inespugnabili sono cadute e i cui templi giacciono arsi dalle fiamme.
Nessun punto di questa storia è scevro da terrore, follia e oscurità.
Il pianto delle troiane è l’addio ad un’epoca, il risveglio di coloro che pensavano che una volta finita la guerra tutto sarebbe tornato come prima, la nascita di nuove vite da un corpo mutilato.
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Ero ancora troppo giovane per capire che l’irrequietezza non è che una delle facce del dolore. Tra poco avrebbe rappresentato Priamo al suo funerale, al cospetto dell’intero esercito acheo. Anzi, di più, sarebbe stata Priamo. Non è forse così che superiamo il lutto? Non c’è niente di raffinato o di civilizzato: come selvaggi, mangiamo i nostri morti.
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