Il secondo piano. una storia di ebrei, suore, coraggio e carità
Recensione a cura di Francesca
La vendetta degli dei. Da tragedia a show comico

27 gennaio, il giorno in cui si prendono le vanghe e si riesuma il ricordo delle trincee, delle fosse comuni, dei corpi lacerati, affamati, abusati; ma Il Secondo piano di un monastero conserva ancora la luce della speranza.


Un giorno che non può, non deve essere solo un giorno, ma si sa, per convenzione e comodità occorre attribuirgli una data.


Proprio il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’armata rossa arrivarono nella città polacca di Oświęcim, per primi a liberare i pochi superstiti.


In tedesco Oświęcim si chiama Auschwitz, loro furono i primi a venire a conoscenza dell’orrore del genocidio nazista.


Tra le vie del ghetto di questi fatti non si aveva la certezza, ma durante l’ultimo shabbat prima dello sgombero le famiglie avevano un freddo più intenso, misto a paura di qualcosa che non conoscevano completamente.


Dicono che stanno arrivando-

E sono arrivati con tutta la loro devastazione.


Alcuni sono stati informati prima e si sono nascosti nelle campagne, gli altri sono stati spinti a forza dentro le camionette.
Urla, percosse, terrore nella notte.
Smarrimento.

Il secondo piano è quello di un monastero di suore francescane votate alla carità.


Le finestre del secondo piano sono chiuse,

-C’è disordine dicono- ,
ma anche quando il sole splende arrogante fra le bombe, non riesce ad entrare nel Secondo piano.


Le sorelle fanno la carità in ogni modo possibile, in tempo di guerra, con le strade vuote e soltanto persone nascoste negli angoli più bui, loro affrontano le guardie tedesche.


Dentro il monastero di via Poggio Moiano le notizie arrivano filtrate dal parroco della chiesa accanto e le preghiere alla Vergine si innalzano sempre più accorate affinché possano arrivare i giorni di pace.


Non ci sono solo preghiere nel monastero dove Madre Ignazia è la Badessa.

Il pane basta appena, viene diviso in pezzi piccoli, sempre più piccoli, a volte viene cosparso da un velo di marmellata, quella che doveva essere barattata con le uova, per rendere felice chi, a mala pena, riesce a stare in silenzio.


C’è solo una scala a separarli dalla guerra, dei gradini che sono garanzia di sopravvivenza a costo di sacrifici.


In situazioni di emergenza ci sono scelte importanti da fare, di comune accordo le regole si possono trasgredire in virtù dell’umanità e del sostegno reciproco.


I ritmi della vita del monastero si discostano minimamente da quelli usuali: preghiera, lavoro, cura dell’orto e del giardino, ancora preghiera,cura dell’altare, ricamo;

e poi ci sono le scale del secondo piano che vengono calpestate spesso, ma senza dare nell’occhio.

I romanzi che parlano di questo periodo storico sono spesso caratterizzati da molta violenza, Ritanna Armeni sceglie di dedicarsi ad un altro aspetto, più nascosto, anzi quasi invisibile: i rapporti umani.


In un periodo in cui non c’era tempo per i sentimentalismi perché bisognava cercare di salvare la pelle, ci sono piccoli mondi, in questo caso al femminile, dove la priorità è quella di sostenersi e sostenere chi è perseguitato.


Un romanzo dai toni delicati, per quanto lo si può essere in tempo di guerra, parole che sembrano entrare in punta di piedi e con discrezione dentro un luogo sacro, che raccontano di scelte di vita, di sacrifici compiuti con gioia, anche a costo della propria vita.


Ritanna Armeni scrive uno splendido romanzo fatto di coraggio e silenzio, fatto di fede vera, quella che vede Dio negli occhi delle persone e non solo nelle statue degli altari.

Un romanzo di sostegno femminile.

Un consiglio, non trascurate la postfazione!

Per leggere la trama clicca qui

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