La stirpe e il sangue
Recensione a cura di Francesca
La vendetta degli dei. Da tragedia a show comico

Sono alla ricerca di viaggiatori dal sangue freddo, in questo periodo in cui il velo tra vivi e morti si assottiglia, ho bisogno di compagni che abbiano voglia di scavare dove l’oscurità è più profonda, pronti ad affondare i canini ne La stirpe e il sangue.
Ci aspetta una macchina del tempo sgangherata e che non ha passato l’ultimo collaudo, ma noi non abbiamo tempo per queste inezie.
Anno 1442, Valacchia, terra brulla e inospitale, la fame contorce le budella e il terrore per l’esercito di Murad II toglie il respiro.

Qualcuno ha il coraggio di nascere in quel periodo.

Una creatura malata in un luogo malato, senza futuro, con poche speranze di vita e l’esercito ottomano che incendia la sua casa,

nell’oscurità più crudele nasce Radu.


Non amo i libri definiti dell’orrore, quelli dove tutto ruota attorno a mannaie e sangue, amo i libri come questo.


Inquietudine profonda, curiosità mista ad una sottile nausea, potere, tradizione e magia: La stirpe e il sangue.


I disegni che accompagnano l’inizio di ogni capitolo sono ammantati da arcani significati, tengono lo sguardo del lettore incollato alle gocce di sangue, a quegli occhi sofferenti che nascondono una profonda saggezza ancestrale.


L’ho divorato, respirato, sognato e ora ne voglio ancora.

Radu geme sfinito.
se Maria avesse un coltello aprirebbe uno squarcio nel lupo…
ma un coltello non ce l’ha.
Le restano solo le mani, le unghie e il bastone.
La carne della bestia cede, il sangue è caldo.
Maria colora con le dita luride le gote del bambino,
gli colora dalla faccia il pallore mortale.

L’affannata ricerca di certezze si trasforma in una corsa senza fiato, per sfuggire al destino per niente benevolo, ma il grembo di Maria è colmo di conoscenza, lei ha chiara la sua lotta e nessuno la potrà fermare.
Maria conosce molte forme di soppruso, la sua pelle ne porta i segni e ai suoi figli sembrebbe spettare lo stesso destino.


Ma il sangue è vita


e ne La stirpe e il sangue, Lorenza Ghinelli ci racconta una favola oscura fatta di crudeltà e speranza, morte e tenacia, sangue e saggezza.

“sono vivi dunque” commenta Maria
“buono a sapersi”
Poi si inginocchia e gli afferra la lingua, tagliandola di netto.
Uno strillo acuto di bestia sgozzata strappa l’aria.
“Avremo di che mangiare per lungo, lungo tempo.
Vado a preparare le erbe per curarlo, deve durare”

Non solo morte e crudeltà, nel dolore più grande i nodi della solidarietà sono più stretti e quando le donne soffrono, insieme cercano la soluzione, in una complicità fatta di sguardi millenari.
Sono sempre state lì e quello è sempre stato il loro compito.


Non opponete resistenza dunque e lasciatevi sopraffare dai sogni di sangue.

Per leggere la trama clicca qui

Un corpo ben nutrito,

una carne delicata

non è che un vestito di vermi e di fuoco.

Hélinant de Froidmont

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