Quando si pensa alla ricerca che porta alla vendetta personale non si può non pensare al libro che parla della grande Balena Bianca: Moby Dick o La Balena.
Ho deciso di affrontare questa lettura, troppo a lungo rimandata, con la versione che è la migliore in commercio: quella di Adelphi del 1994 con la prefazione di Cesare Pavese.
Questo libro è super citato e molto amato. Ne si ritrova la trama in molti film (Heart of The Sea) e in diverse serie tv (Una mamma per amica tra tutte).
Con una così grande pubblicità letteraria e mediatica mi aspettavo di trovare la grande Storia che avrebbe allietato la mia lettura e mi avrebbe travolto fino a piombarmi nel fondo dell’oceano.
Mi aspettavo, a mio torto, leggere Moby Dick nella versione facilitata per ragazzi.
Aaah quanto mi sbagliavo!!!
Mi è piaciuto Moby Dick? Ho proprio l’intenzione di parlarne con voi.
La caccia alla balena bianca del capitano Achab è piena di riferimenti biblici, a partire dal nome dei personaggi.
Ismaele è la voce narrante e porta il nome che era del figlio di Abramo.
Achab, Ahab in origine, è il capitano che conduce l’equipaggio verso la perdizione e uno dei sovrani della terra d’Israele.
Tutta la narrazione è una metafora sulla condizione dell’uomo, sull’insegnamento biblico ma Moby Dick è anche una fonte inesauribile di informazioni sul mondo delle baleniere e sull’industria che gravita attorno ad esso.
Una sorta di compendio per molti usi.
Herman Melville dedicò il volume a Nathaniel Hawthorne scrittore affermato e noto per La lettera Scarlatta. L’autore si auspicava di essere all’altezza del collega e possiamo pensare che ci sia più che riuscito, anche se al tempo della pubblicazione se ne accorsero davvero in pochi.
Moby Dick è l’emblema della grande caccia alla vendetta, la ricerca della redenzione ed è per la letteratura, senza dubbio alcuno, uno dei capolavori più acclamati.
Ma la domanda è: a me è piaciuto?
La realtà è che oltre alle considerazioni più che doverose, la lettura di Moby Dick mi ha fatto sorgere altre domande sulle possibili implicazioni della narrazione.
Ismaele è un povero diavolo, da sempre marinaio nella marina mercantile, che decide di imbarcarsi a Nantucket su di una baleniera armata da una cooperativa di mercanti.
Finisce con l’imbarcarsi sul Pequod.
Il linguaggio e la cultura universale sfoggiata da questo marinaio, esattamente da dove proviene?
È ovvio che il libro fosse indirizzato a quella parte di popolazione che poteva permettersi un’istruzione e che avrebbe compreso i riferimenti ma Ismaele ne era davvero a conoscenza vista la sua estrazione sociale?
Quando il linguaggio della letteratura ha iniziato ad uniformarsi all’effettivo livello culturale dei suoi personaggi?
Con l’aumento della scolarizzazione?
E cosa sta succedendo al linguaggio della letteratura negli ultimi anni? Sta trascinando tutti verso un gorgo senza fine o sta trovando nuove strade?
Questi sono pensieri fuori tema, me ne rendo conto ma ho voluto farvene partecipi per rifletterci insieme. Sappiate che non esiste una risposta giusta e universale.
Potrebbe darsi che io non ci abbia capito molto ma ogni lettura è un’esperienza unica che si adatta al lettore e questa è la mia.
Torniamo a Moby Dick…
Esistono molti fraintendimenti su di chi fosse la nave. La nave apparteneva ad un gruppo di proprietari e non ad Achab che, invece, ne era unicamente il capitano e i suoi datori di lavoro lo pagavano per la caccia alle balene non per perseguire la sua vendetta contro la balena che gli era costata una gamba.
Ma anche lì, la perdita della gamba è avvenuta in concomitanza allo scontro con Moby Dick ma non era del tutto colpa sua se l’aveva persa. Achab era un marinaio di vecchio corso che aveva iniziato come ramponiere, non poteva davvero incolpare la balena bianca per tutti i suoi male e rischi del mestiere.
Ma quindi da cosa nasce questa ossessione così distruttiva?
Non coinvolse solo se stesso ma anche l’equipaggio. Una ciurma di uomini esperti ma terrorizzati e spaventati dalla follia del capitano, hanno anche provato a riportarlo sulla retta via ma, dopo un brevissimo tentennamento, la fine fu segnata da uno spruzzo e un dosso bianco.
Inoltre, non dimentichiamolo, i proprietari persero carico e nave. Non stiamo parlando della Marina con fondi dello Stato ma di Persone che avevano investito tutto in quella spedizione.
Posso dire che il libro di Melville mi sia piaciuto?
Si ma anche no. Infatti non lo posso considerare un mio Must Have perché la narrazione è più volte interrotta da capitoli che frenano lo scorrere dei fatti.
Sono consapevole che sia congeniale all’esperienza che il lettore deve vivere.
Ovvero, la discesa discontinua verso un abisso da cui non si può tornare, lo stillicidio ritmico ma di un sottofondo quasi insignificante che è il tramite narrativo che non permette a chi legge di avere la percezione dei momenti di lucidità dell’equipaggio e quelli di estraneità dalla realtà della vita del Pequod.
Il libro è lo stesso abisso di cui parla, questo è certo.
Scrittura magistrale e, oltre alla penna di Melville, riesco a sentire il Pavese che fortissimamente volle la pubblicazione in italiano di questo libro.
Mi è piaciuto molto del libro ma non molto il libro in sé e non posso spiegarmi meglio di così, spero che per voi lettori sia abbastanza.
Vuoi leggere la trama di Moby Dick? Segui questo link!
Che Dio t’aiuti, vecchio: i tuoi pensieri hanno creato in te una creatura, e a colui che dal pensiero intenso ècosì trasformato in Prometeo, un avvoltoio divora il cuore per sempre, e quest’avvoltoio è la creatura stessa ch’egli ha creato.
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