Baci all’inferno
Recensione a cura di Francesca
La vendetta degli dei. Da tragedia a show comico

Non so dove vi porterà questo viaggio, sicuramente in un luogo oscuro verso il quale difficilmente rivolgiamo lo sguardo, preparatevi ad un viaggio molto pericoloso, preparatevi a Baci all’inferno.


Madre, figlia;
madre, figlio.
Emozioni.
Due racconti e una pala per scavare a fondo, oltre i pensieri più inconfessabili, oltre la morbosità più oscena. Non basterà la pala, dovrete usare le unghie e continuare a grattare dentro corpi stanchi.

Mi è piaciuto Baci all’inferno?
L’ho amato e l’ho odiato e ho avuto mal di stomaco.

Mi sono ritrovata spesso a chiudere il libro a causa del persistente senso di nausea, ma in realtà non ho mai lasciato quelle righe.


Sono morta affogata dentro il flusso di pensieri melmoso che non mi permette di riemergere, una palude che tira sempre più in basso.


Desideri rubati, visi schiacciati contro il finestrino, numeri di prostitute sotto il ponte, bottiglie di plastica che galleggiano, voglie inconfessabili che sudano nella canicola estiva.


C’è puzza dentro Baci all’inferno, odore di corpi che hanno appena consumato un amplesso e lingue impastate dall’alcool.
C’è una figlia che cerca respiro e una madre che amorevolmente le preme il cuscino contro la faccia.
C’è un figlio che ha bisogno di una vita e di un pasto e una madre che desidera sigarette ed un ultimo, illusorio barlume di giovinezza.

Ho faticato a stare dentro il racconto e ho costruito ragnatele di normalità a cui aggrapparmi, ma quel flusso incontrollato di pensieri e vermi è riuscito a spezzarla, è riuscito a spezzarmi.

Esco saltellando.
C’è un messaggio, ed è una raffica di scintille come un’eiaculazione che mi fa tornare in vita.
Si diffonde nel mio corpo come una malattia.
Lo chiamo, lo ascolto, viene.
Lo aspetto all’incrocio dell’autostrada, sotto il ponte con i manifesti dell’estrema destra e i graffiti dei tossici.
Cosa c’è da capire oltre questa asfissia.
La mia testa è una grande torcia intermittente.

Il dolore è quotididiano o forse la quotidianità snervante provoca delle crepe incolmabili nella mente.

Il terrore di non aver vissuto abbastanza prende alla gola e il bisogno tossico di non lasciare andare nemmeno un’altra opportunità stringe fino a soffocare.


Mi sono pentita mille volte di aver iniziato Baci all’inferno eppure ringrazio Ariana Harwicz, già autrice di Ammazzati amore mio, per averlo scritto, perchè difficilmente incontrerò ancora pensieri scritti da poter liberamente odiare e dei quali non riuscirò più a fare a meno.

Un libro che non chiede di essere percepito con la mente, ma di essere assorbito con la pelle.

Ora non resta che leccarmi le ferite.

Per leggere la trama clicca qui

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