L’equilibrio delle lucciole.
Recensione a cura di Francesca
La vendetta degli dei. Da tragedia a show comico

Ci voleva una giornata di pioggia per inchiodarmi ad una sedia e scrivere, a volte si fa di tutto pur di sfuggire dalle proprie emozioni, oggi però le gocce d’acqua possono camuffare le lacrime e consentirmi di liberare questo torrente in piena: L’equilibrio delle lucciole.
Non ho cercato questo libro, forse lui ha scovato me. Nascosta fra mondi di possibilità ho visto lucciole danzare e universi nascosti fra i rami della vita. L’ho preso senza nemmeno pensare, a volte l’istinto sa essere un buon maestro.

Questo libro non può essere valutato con stelline o apprezzamenti, non valgono le parole perché non sono sufficienti.

Ogni parola scritta è cura e tormento, ricordo e risveglio. Non tocca soltanto la pelle, va più in profondità. Arriva fino ai nervi, li tende e li riscalda, li fa fuoriuscire dal corpo fino a renderli radici consapevoli della nostra vita.

Non è stato facile, ho centellinato le pagine facendole diventare rito. Mattino, mi nascondo al mondo respirando la campagna, libero dal guinzaglio i miei fedeli amici e apro la porta. Nella casetta invasa dalle foglie lascio andare i muscoli al profumo del mosto. Mi abbandono su una sedia sgangherata e mi prometto che saranno solo dieci pagine, non di più. Poi finisco col rubarne ancora qualcuna perché il respiro del paesino di montagna somiglia a quello del mio fra le colline. Sempre più stanco, sempre più curvo.

Eppure ci sono profumi di fioriture e di emozioni a cui troppo spesso non ho fatto attenzione. Me ne rammarico, ingoiando una lacrima .

Le lucciole stanno sparendo dicono tutti, forse siamo noi che non le sappiamo più osservare. Forse si sono nascoste fra le crepe dei muri scrostati o nelle cantine delle case abbandonate e creano in silenzio la rete della vita. Una rete che sembra quella di un ragno, sottile, trasparente ma perfetta, ti accorgi che esiste solo se la guardi in controluce o se ti sfiora la faccia. Quella rete è il respiro dei piccoli paesi, delle piccole vite che sono piccole luci ancora in grado di indicare il vero senso della vita. Siamo esseri di natura, siamo talmente connessi a lei che spesso la diamo per scontato. Come l’amore di una madre che si pensa di possedere per diritto.

Valeria Tron tocca le corde di questa ragnatela, lo fa con tocchi delicati e pare quasi che abbia la capacità di sciogliere i nodi della vita solamente raccontandoli. Almeno così è stato per me.

L’equilibrio delle lucciole ha bloccato il tempo nel paesino di montagna e nel mio contemporaneamente, lo ha bloccato nell’istante in cui ho aperto la porta della mia casetta in campagna, e lì io sono rimasta con tutta l’anima.

Alle foglie secche e al vento che taglia ho fatto una promessa: avrei ripreso a parlare di emozioni anche nei libri, avrei ripreso a respirare rispettando il ritmo dei miei polmoni. Se vi aspettate dettagli de L’equilibrio delle lucciole allora andate da un’altra parte, io ho scelto di parlare di questo libro attraverso me. Sono ancora incastrata fra vite di persone che mi si sono materializzate davanti. Strappata fra Ade e Nanà, fra disillusione e piccoli gesti che costruiscono la vita. Eppure sono innamorata, piena dell’ebrezza di questo sentimento che riempie le fronde degli alberi, e le fa danzare all’unisono.

Sono io e sono loro, e per la prima volta sento fra le pagine una realtà tanto vicina da poterla accarezzare. Mi sono fatta formichina e fascina di legna, sciolta dentro una tisana calda e incastrata fra un pettinino e gli occhiali Neve. Sono loro, eppure è il mio mondo, ed è il mondo di chi ha la fortuna di vivere fra i calcinacci di un luogo antico, vivendo nell’inconsapevolezza di essere quella trave che ancora tiene il tetto. Fondamenta di un mondo semplice fatto di frutta matura e legna da ardere, fatto di lotta alle disgrazie e di spalle a cui sostenersi per andare avanti.
Ade e Nanà chiudono le imposte perché si è fatta sera e io grido disperata perché non voglio che cali la notte sulle loro storie. Oscillo pericolosamente, in equilibrio su un filo che si sta staccando, lanciandomi inesorabilmente dentro il limbo di una quotidianità che non mi appartiene, costringendomi a rumori e parole a cui non sono pronta, non oggi.
Nanà, Ade e le lucciole mi sorreggono, mi fanno scaldare vicino alla stufa. So che Nanà sta creando una sciarpa anche per me e che Ade sta preparando un nuovo disegno, forse sarò così fortunata da diventare il chiodo che sorregge il quadro che diverrà.

C’è un segreto enorme nelle piccole cose che fanno sopravvivere. C’è la vita stessa, quella che non sconvolge il mondo ma lo accarezza. Vita che non invade con prepotenza,
ma illumina delicatamente con la luce fioca di una candela, con la delicata luce di una lucciola sopravvissuta.

Grazie per aver scritto questo libro, grazie per ogni dolorosa parola. Per aver saputo dare equilibrio alla follia della vita. Io resto qui ancora un po’ e qualcosa di me ci rimarrà per sempre.
Chiudo la porta a chiave, piove forte ancora, richiamo i miei amici fedeli e torno a malincuore alla macchina. Prima però osservo le mie mani, sono capaci, così come la mia testa, di ritrovare il tempo e il modo giusto per vivere nella pace del cuore, dove il lavoro della terra non spaventa e i petali dei fiori disegnano pensieri.
Sbatto le ciglia umide, tornerò presto con un nuovo libro nel petto ed una nuova storia, ad evocare anime ed emozioni, ma per ora voglio stare a casa di Nanà ad osservare la prima neve.

Leggi la trama

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