Bastarde disperate. L’urlo femminile dal cuore del messico
Viaggiatori allacciate le cinture, questa volta la direzione è il Messico, quello brutale dei signori della droga, della violenza più efferata; sarà un cammino difficile e tutto al femminile: Bastarde disperate.
Forse, come scrive Dahlia de la Cerva, è meglio raccomandarsi al Diavolo in questo luogo dimenticato da Dio, e forse occorre armarsi di pelo sullo stomaco nel momento in cui si decide di affrontare questa lettura.
Mi sembra doveroso fare un’ammissione : ho avuto non poche difficoltà ad entrare nel vivo di Bastarde disperate, a sentirlo a livello empatico.
La scrittura è sicuramente molto schietta e cruda, non c’è l’intento di indorare la pillola di una società corrotta e manipolata dalla malavita, ma il vero problema per me è stata la visione di un universo femminile altrettanto corrotto, che pur di sopravvivere si adegua, accetta e si appropria di stili di vita oltre il limite.
Per buona parte del libro non ho fatto che pensare “ Ma non c’era davvero un’alternativa?” .
Mi sono posta questa domanda mentre leggevo il racconto di una giovane donna il cui futuro, come erede diretta di un cartello della droga, non viene nemmeno messo in discussione.
Un mondo in cui l’apparenza domina sulla sostanza.
Fra sparatorie, intrighi e traffici vari si intrecciano vite di donne il cui scopo primario pare essere il numero di follower, il nuovo ritocco dal chirurgo estetico e avere abiti e borse sempre alla moda.
Ancora donne, streghe, con pagine facebook e migliaia di like che non si fanno scrupolo ad utilizzare qualsiasi forma di magia pur di ottenere ciò che desiderano, schiacciando senza alcun pudore la volontà altrui.
Della faccenda estetica mi sono già occupata:
a ventidue anni ho già all’attivo un fottio di operazioni chirurgiche.
Tutto quello che vedi è operato perché è chiaro che a me i soldi non mancano.
Ho avuto un momento di sbandamento, lo giuro.
Un libro lontano anni luce dalla letteratura femminista e dalla lotta al patriarcato che sono abituata a leggere.
La prospettiva però è cambiata nel momento in cui ho compreso che, ciò che stavo facendo era porre la mia visione occidentale-europea in un contesto completamente, totalmente diverso.
Questo libro non ha la pretesa di dire ciò che è giusto o sbagliato, questo libro racconta ciò che accade in Messico, quali sono le vicissitudini delle donne in quei luoghi dove il femminicidio tocca picchi sconvolgenti.
In bastarde disperate si parla di vita estrema, in un contesto in cui la fortuna primaria è sopravvivere ancora un giorno.
Guadare il libro sotto questa prospettiva mi ha aiutato a comprenderne le dinamiche violente, spesso animalesche che ho incontrato nei racconti.
Il Messico è un enorme mostro che divora le donne (…)
L’ha ammazzata perché era incinta.
L’ha ammazzata perché non ha voluto abortire.
L’ha ammazzata perché voleva abortire.
Maternità usa e getta.
Donne usa e getta.
L’ho ammazzata perché l’amavo.
L’ho ammazzata perché era mia.
Come si fa a dimostrare la misoginia se l’assassino dice che l’amava?
I Contenuti sono graffianti, smorzati spesso da una macabra ironia, tutto è avvolto da tossicità e ossessione.
Tutto racconta di quanto sia più complicato nascere in un contesto estremamente violento ed intriso di patriarcato.
Dahlia de la Cerda, scrittrice ed attivista, co-fondatrice del collettivo femminista Morras Help Morras, con questo suo esordio ha vinto il Premio Nacional Comala.
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