Tè per i fantasmi

Tè per i fantasmi


In quei mondi al limite nei quali amo rifugiarmi, si incontrano persone strane e persone comuni; spesso le trovi insieme, a sorseggiare liquidi fumanti, dove donne speciali preparano un Tè per i fantasmi.

Una storia insolita, dai contorni sfumati, che profuma di misture lontane, di cura e di legami sottili ma indistruttibili.


Egonia e Felicitè, quasi l’opposto in questi due nomi, gioia e amarezza, ombra e luce. Due gemelle cresciute da una madre molto particolare, che fin da subito ha deciso chi dovesse rappresentare il bene e chi il male.

L’infanzia delle due bambine è molto differente: una viene amata e ascoltata, l’altra viene tenuta lontana a crescere in modo selvatico. Una porterà la bellezza e l’altra la succhierà via, lasciando solo marciume.
In Tè per i fantasmi i racconti delle due donne hanno la consistenza del fumo che fuoriesce da una teiera, si intrecciano e separano, eterei e dai profumi contrastanti; come le erbe messe in infusione, si distruggono e ricostruiscono a cavallo tra il mondo reale e quello degli spiriti.

Il potere della visione e quello della distruzione sono profondamente insinuati nel cuore di due gemelle.

Tè per i fantasmi è una favola oscura in cui Felicitè crea misture di erbe nel suo salotto, lo fa con saggezza e dedizione per tutti gli spiriti che hanno bisogno di lei. E’ una detective che aiuta le anime a comunicare con i loro cari prima di riprendere il loro viaggio.


I doni però non li possiamo scegliere e spesso ci si ritorcono contro.


Quello di Egonia infatti è un discorso diverso, a partire dal fatto che il suo nome originale era Agonie, che già la identifica come una creatura portatrice di dolore.
Non si riesce però a odiare la strega Egonia, nonostante la sua rabbia capace di distruggere ogni cosa, nonostante la sua bocca chiusa dentro una gabbia per paura delle creature che fuoriescono.

Tutto marcisce attorno a lei, mentre la strega costruisce attorno a se una corazza di risentimento.


I cuori delle due gemelle però non sono poi così diversi e sono destinati a riunirsi almeno per dare delle risposte alle loro vite così agli antipodi. Per viaggiare insieme in equilibrio su confine dei mondi e comprendere come possano essere gemelle e opposte allo stesso tempo.
In tè per i fantasmi proprio gli opposti giocano strani scherzi. Fra malinconia e lievi sorrisi mi ha saputo accompagnare dentro mondi magici tanto diversi, lasciandomi pagina dopo pagina, con una strana sensazione attaccata addosso, un misto fra sogno e risveglio, tra fiaba e incubo.
Chris Vuklisevic in questo romanzo ammalia e incanta, somministra infusi in grado di trascinare il lettore dentro mondi in cui non sempre, ciò che si ha di fronte è ciò che sembra realmente.
Un sottosopra incantevole e maledetto, dove vi troverete ad amare le creature che un attimo prima portavano morte e devastazione. Un libro in cui i legami familiari acquisteranno sfumature inaspettate.

Dove elegante e grottesco cammineranno mano nella mano.


Leggi la trama di Tè per i fantasmi

Della stessa casa editrice:

Il ladro di scarabei

I chiostri di New York

Nella vita non siamo una sola e unica persona Clé.

Alcuni ti diranno che cambiamo maschera,

io invece ti dico che cambiamo pelle, carne, scheletro e sangue.

Fairy Tale. I sogni a cui non smetterò di credere

Fairy Tale. I sogni a cui non smetterò di credere

Le puoi chiamare come vuoi, racconti, storie, fiabe o Fairy Tale, ad ogni modo sono quelle che, almeno una volta nella tua infanzia ti hanno fatto scrutare dentro l’armadio o nascondere sotto le lenzuola. A volte si scordano, altre volte si portano eternamente nel cuore. Mi domando se anche tu sei un viaggiatore fra i mondi, qualunque sia la tua età.

In Sardegna anticamente venivano raccontate attorno al fuoco dalla donna più anziana, si chiamavano contos de foghile. Nella mia isola, fra Janas, Surbiles, Cogas e creature liminali, di sicuro la notte c’erano battaglie da intraprendere e oscurità profonde da varcare.

Spesso le Fairy Tale rimangono incastrate fra le tele dei ricordi, altre volte sono vecchie amiche d’infanzia che appaiono, per lasciarci con lo sguardo sognante qualche istante di troppo. Avete presente quando qualcuno vi fa schioccare le dita davanti agli occhi perché scoperti a fissare il vuoto a lungo? Chissà quale mondo si cela dietro quel vuoto…
Altre volte le fiabe non ci abbandonano mai e la sensazione è sempre quella di aver vissuto una grande avventura, di essere stati protagonisti di momenti unici e indimenticabili con la pelle e le ossa, oltre le pagine, oltre le parole.

Il biscotto di Alice o il tè col Cappellaio matto per me hanno costituito momenti strettamente connessi alla scoperta di possibilità creative oltre quelle terrene.

Fare amicizia con la propria testa, soprattutto quando si è piccoli porta a varcare cancelli il cui accesso sarebbe normalmente vietato, a visitare giardini mortali e danzare con creature dai contorni sfumati. E poi ancora le pagine sfogliate migliaia di volte, preoccupati di aver perso un passaggio o la chiave per l’altro regno.
Quanto tempo ho trascorso nascosta nello sgabuzzino in compagnia di Bastiano Baldassarre Bucci.
Arriva poi il grande maestro, il compagno di una fase più matura della vita, quella che richiede emozioni forti, che vuole brividi e notti insonni per arrivare all’ultima pagina: Stephen King.

Per me è impossibile non trovare uno stretto legame fra Charlie, il protagonista e la vita dello scrittore che, fin da piccolo si trovò a dover gestire le sofferenze dell’abbandono familiare e le difficoltà economiche.

Stephen King con Fairy Tale crea la favola dark, quella che molti di noi nostalgici aspettavano da tempo per creare il perfetto connubio fra brivido e desiderio di infanzia.

Un capanno, una botola verso un altro mondo ed un giovane eroe non apprezzato, sono elementi già visti in tanti racconti, l’abilità di Stephen King sta proprio nel saper tessere una tela unica su orditi già utilizzati.
Fairy Tale è un lungo racconto che si concede meravigliosamente di pescare dentro le grandi fiabe, di ammantarle di oscurità e spesso di dolore, di trasformarle a tal punto da renderle bisognose di un nuovo eroe.

Quasi un gioco, o meglio ancora una danza macabra con le creature che ci hanno cresciuti.

E così con Fairy Tale mi sono ritrovata a ripercorre quel sentiero di emozioni che pensavo di aver ormai dimenticato. Ho scoperto invece di avere ancora delle briciole da lasciare nel terreno e che il mio stomaco languiva ancora per un pezzo di casa della strega.

Un tripudio di sensazioni quasi adolescenziali, quando si deve essere gli eroi della storia a tutti i costi perché questo mondo continua ad ignorarci, miste però alla disillusione .In Fairy Tale tutto può crollare da un momento all’altro, risucchiando per sempre tutto ciò che ci ha tenuti vivi.

Parlo al plurale perché so che qualcun altro sa perfettamente di cosa parlo e ha appena finito di combattere con un gigante o di cavalcare un drag

Banale? Forse, se restate in superficie, ma se avete voglia di lasciarvi trascinare dalla corrente oscura delle fiabe ancora una volta, allora leggete Fairy Tale.

Fairy Tale è stato candidato al British Book Award per la narrativa nel 2023.

fairy Tale

Leggi la trama di Fairy Tale

Della stessa casa editrice:

La maledizione di Arianna

Prova a non dormire

Le figlie di Foxcote Manor

Acquista Fairy Tale

Il tempo è l’acqua, Charlie.

E la vita è solo il ponte sotto il quale

quell’acqua continua a scorrere.

L’ultimo Mago. Il grande Gustavo Rol

L’ultimo Mago. Il grande Gustavo Rol

Quando romanzi come questo vedono la luce, miei cari viaggiatori, apro la porta a ricordi che non mi appartengono, ed entro nel salotto di un uomo che ho inseguito col cuore e l’anima per tutta la vita : l’ultimo mago.

Ho letto e ascoltato tanto su Gustavo Rol, fin da quando si è iniziato a scrivere di lui e a registrare la sua voce. Poi è calato il sipario dell’interesse pubblico e per un po’ di tempo, il silenzio ha nascosto al mondo intero la luce e l’eleganza che quest’uomo sapeva abilmente trasmettere.

A dire il vero però, oltre alla semplice conoscenza delle gesta de l’ultimo mago, la vita mi ha donato dei momenti in cui la sua presenza e il suo ricordo sono stati per me una forte spinta ad andare avanti.

Nel 2021 mi sono ritrovata a soggiornare obbligatoriamente a casa di una splendida donna che, con gentilezza e tanto amore si è presa cura di me durante una lunga degenza. Fu un periodo particolarmente difficile, non ero abituata ai piccoli spazi, al traffico e ai ritmi della città, lontana dalla famiglia e dai miei figli.
Il giorno stesso in cui il tampone è risultato negativo mi sono recata nel boschetto più vicino, il parco del Valentino, perché il mio corpo aveva necessariamente bisogno di linfa, di camminare sulle foglie secche, di guardare l’acqua scorrere.

La sera lungo la strada per rientrare, ricordo che il mio sguardo è stato attratto da qualcosa, come una calamita. Fisso un punto ben preciso e scruto le imposte di un appartamento nascosto dai rampicanti. Con sorpresa la mia amica mi dice che quella è la casa di Rol ed io finalmente, dopo ventuno giorni di tensioni e paure, mi sono sentita al sicuro.

Francesca Diotallevi riporta alla luce il ricordo di Gustavo Rol con L’ultimo mago. Lo spolvera amorevolmente come avrebbe fatto lui con i suoi amati oggetti di antiquariato, per consegnare a questo mondo la storia di un uomo unico che è stato amato, seguito e solo parzialmente compreso.

Si può parlare di magia e spiritismo senza necessariamente appartenere al carrozzone di personaggi pittoreschi che spingono pur di raccontarci la loro grande verità.

La conoscenza è anche discrezione e l’ultimo mago ha preferito condividere con una ristretta cerchia di persone il suo sapere. Un gruppo di persone che ovviamente, rimaneva strabiliata e sconvolta dalle sue capacità.

L’ultimo mago è scritto con toni eleganti e sobri, proprio come il personaggio di cui si parla, quasi come se l’autrice volesse accompagnaci dentro la sua vita seguendo questo filo conduttore.

Una scelta di buon gusto a mio parere, in grado di accentuare ancora di più l’eleganza del dottor Rol.

Attorno a questo filo si intrecciano storie d’amore tormentate, traumi di guerra e amicizie dal sapore antico. come piccoli gioielli che ruotano attorno alla vita del L’ultimo mago.

Gustavo Rol con tocchi leggeri e con estrema discrezione, si fa tramite di messaggi che, in qualche modo sciolgono i nodi dei tormenti d’amore, placando le tempeste interiori.

Ad accogliere la vita di un uomo tanto singolare c’è una città che, ancora oggi nasconde tanti segreti. Meravigliosa Torino, che ci accoglie fra le braccia della Grande Madre, grande polmone millenario di storia. Una città che sa raccontare ed ispirare, in grado di rimanere immobile mentre il tempo scorre inesorabile.

Dentro questa splendida corona che è Torino si incastona perfettamente Gustavo Rol che nell’attimo della sua vita, ha compreso e afferrato misteri la cui essenza sfugge alla maggioranza.

L’ultimo mago è poesia e alchimia insieme, è destrezza narrativa, un’opera d’arte che soltanto una grande scrittrice poteva comporre.

Questo romanzo segna per me una nuova partenza, dopo un lungo silenzio. Forse non è un caso che anche questa volta la presenza dell’ultimo mago sia stata discreta ma decisiva nell’indicarmi la direzione. Finalmente riprendo a leggere, finalmente mi concedo di parlare di magia usando le parole che amo, ora lascio che sia.

L'ultimo mago

Leggi la trama dell’Ultimo Mago

Le ultime recensioni Neri Pozza

Una minima infelicità Carmen Verde

Demon Copperhead di Barbara Kingsolver

Non sono un uomo,

sono un’ombra

che fugge tutto e se stessa.

Emily Dickinson.

Emily Dickinson.

Quante cose possono suscitare emozioni, trascinandoci in un vortice tumultuoso anche quando non siamo noi ad essere i protagonisti, ma vite “altre”, vite speciali come quella di Emily Dickinson.

A volte bastano delle note a risvegliare sentimenti impolverati, altre volte uno sguardo seppur fugace può essere sufficiente ad aprire mondi che, per tutta la vita possono rimanere chiusi in una stanza.
Ci sono volte poi, in cui le emozioni sgorgano impetuose ed inarrestabili, come nella perfetta tessitura fa immagini e parole creata da Liuba Gabriele in Emily Dickinson.

Mai una frase fu più calzante per un’autrice così speciale, impossibile non riconoscerne immediatamente il talento straordinario.

Eppure soltanto dopo la sua morte e, forse anche contro la sua volontà, si è potuto godere delle sue magnifiche opere. La maggior parte custodite segretamente, come un tesoro talmente intimo da essere inconfessabile al mondo.

Le tavole di questa Graphic Novel trascinano dentro la vita della poetessa, sono coinvolgenti e hanno il grande pregio di essere state studiate per introdurre il lettore dentro la quotidianità del 1800. La scelta dei colori pastello, la cura nella rappresentazione di abiti, paesaggi e persino le espressioni dei personaggi accolgono il favore del mio immaginario rispetto al periodo. Ho amato le tavole in cui veniva rappresentata la vita all’interno della dimora borghese in cui risiedeva Emily con la famiglia.

La determinazione e nel contempo la fragilità di Emily Dickinson non hanno quasi bisogno di parole. Le emozioni vissute dalla poetessa emergono chiare e potenti, sta a noi accoglierle e comprenderle.

E’ stato impossibile restare indifferenti alla determinazione con cui persegue i suoi obbiettivi e alla passione con cui ha vissuto ogni istante della propria vita. Ovviamente va considerato il contesto in cui è vissuta, il periodo conservatore ed i pochissimi diritti che potevano vantare le donne.

Dalle tavole traspare persino la preoccupazione di una famiglia che vede crescere una donna non conforme ai normali canoni dell’epoca, uno spirito libero che cercava il proprio spazio di espressione. Immaginate le difficoltà per una donna fuori dal comune come lei, che preferisce volare fra le mura della propria stanza pur di non fermare i propri sogni. Dopo il diploma si aprono per lei nuove porte, i circoli letterari svelano il palcoscenico delle possibilità di scambi e crescita personale, della nascita di amori e passioni.

Tutto però è sempre ammantato da un alone di oscurità e cattivi presagi.

Un altro particolare che mi ha colpita notevolmente è stata la capacità di Liuba Gabriele di riuscire a fondere natura e sentimenti, in una danza dentro e fuori dal corpo di Emily Dickinson. Una danza quasi erotica, fatta di colori sempre più accesi e linee sempre più definite .

Metafora perfetta per indicare il rapporto speciale fra la passionale poetessa e la natura da lei tanto amata.

La casa editrice Becco Giallo continua a sfornare splendide biografie in versione illustrata. Un libro che ad un occhio frettoloso può apparire una lettura veloce a cui dedicare pochi attimi, vi consiglio invece di tuffarvi più volte nel caleidoscopio di colori per sprofondare nel cuore di questa grande poetessa.

Si ringrazia la casa editrice per la copia.

Leggi la trama

A proposito di libri illustrati che parlano di donne, ti consiglio anche Le ragazze di Saffo

Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi non avrò vissuto invano.

Se allevierò il dolore di una vita,

o guarirò una pena,

o aiuterò un pettirosso caduto

a rientrare nel nido

non avrò vissuto invano

L’equilibrio delle lucciole.

L’equilibrio delle lucciole.

Ci voleva una giornata di pioggia per inchiodarmi ad una sedia e scrivere, a volte si fa di tutto pur di sfuggire dalle proprie emozioni, oggi però le gocce d’acqua possono camuffare le lacrime e consentirmi di liberare questo torrente in piena: L’equilibrio delle lucciole.
Non ho cercato questo libro, forse lui ha scovato me. Nascosta fra mondi di possibilità ho visto lucciole danzare e universi nascosti fra i rami della vita. L’ho preso senza nemmeno pensare, a volte l’istinto sa essere un buon maestro.

Questo libro non può essere valutato con stelline o apprezzamenti, non valgono le parole perché non sono sufficienti.

Ogni parola scritta è cura e tormento, ricordo e risveglio. Non tocca soltanto la pelle, va più in profondità. Arriva fino ai nervi, li tende e li riscalda, li fa fuoriuscire dal corpo fino a renderli radici consapevoli della nostra vita.

Non è stato facile, ho centellinato le pagine facendole diventare rito. Mattino, mi nascondo al mondo respirando la campagna, libero dal guinzaglio i miei fedeli amici e apro la porta. Nella casetta invasa dalle foglie lascio andare i muscoli al profumo del mosto. Mi abbandono su una sedia sgangherata e mi prometto che saranno solo dieci pagine, non di più. Poi finisco col rubarne ancora qualcuna perché il respiro del paesino di montagna somiglia a quello del mio fra le colline. Sempre più stanco, sempre più curvo.

Eppure ci sono profumi di fioriture e di emozioni a cui troppo spesso non ho fatto attenzione. Me ne rammarico, ingoiando una lacrima .

Le lucciole stanno sparendo dicono tutti, forse siamo noi che non le sappiamo più osservare. Forse si sono nascoste fra le crepe dei muri scrostati o nelle cantine delle case abbandonate e creano in silenzio la rete della vita. Una rete che sembra quella di un ragno, sottile, trasparente ma perfetta, ti accorgi che esiste solo se la guardi in controluce o se ti sfiora la faccia. Quella rete è il respiro dei piccoli paesi, delle piccole vite che sono piccole luci ancora in grado di indicare il vero senso della vita. Siamo esseri di natura, siamo talmente connessi a lei che spesso la diamo per scontato. Come l’amore di una madre che si pensa di possedere per diritto.

Valeria Tron tocca le corde di questa ragnatela, lo fa con tocchi delicati e pare quasi che abbia la capacità di sciogliere i nodi della vita solamente raccontandoli. Almeno così è stato per me.

L’equilibrio delle lucciole ha bloccato il tempo nel paesino di montagna e nel mio contemporaneamente, lo ha bloccato nell’istante in cui ho aperto la porta della mia casetta in campagna, e lì io sono rimasta con tutta l’anima.

Alle foglie secche e al vento che taglia ho fatto una promessa: avrei ripreso a parlare di emozioni anche nei libri, avrei ripreso a respirare rispettando il ritmo dei miei polmoni. Se vi aspettate dettagli de L’equilibrio delle lucciole allora andate da un’altra parte, io ho scelto di parlare di questo libro attraverso me. Sono ancora incastrata fra vite di persone che mi si sono materializzate davanti. Strappata fra Ade e Nanà, fra disillusione e piccoli gesti che costruiscono la vita. Eppure sono innamorata, piena dell’ebrezza di questo sentimento che riempie le fronde degli alberi, e le fa danzare all’unisono.

Sono io e sono loro, e per la prima volta sento fra le pagine una realtà tanto vicina da poterla accarezzare. Mi sono fatta formichina e fascina di legna, sciolta dentro una tisana calda e incastrata fra un pettinino e gli occhiali Neve. Sono loro, eppure è il mio mondo, ed è il mondo di chi ha la fortuna di vivere fra i calcinacci di un luogo antico, vivendo nell’inconsapevolezza di essere quella trave che ancora tiene il tetto. Fondamenta di un mondo semplice fatto di frutta matura e legna da ardere, fatto di lotta alle disgrazie e di spalle a cui sostenersi per andare avanti.
Ade e Nanà chiudono le imposte perché si è fatta sera e io grido disperata perché non voglio che cali la notte sulle loro storie. Oscillo pericolosamente, in equilibrio su un filo che si sta staccando, lanciandomi inesorabilmente dentro il limbo di una quotidianità che non mi appartiene, costringendomi a rumori e parole a cui non sono pronta, non oggi.
Nanà, Ade e le lucciole mi sorreggono, mi fanno scaldare vicino alla stufa. So che Nanà sta creando una sciarpa anche per me e che Ade sta preparando un nuovo disegno, forse sarò così fortunata da diventare il chiodo che sorregge il quadro che diverrà.

C’è un segreto enorme nelle piccole cose che fanno sopravvivere. C’è la vita stessa, quella che non sconvolge il mondo ma lo accarezza. Vita che non invade con prepotenza,
ma illumina delicatamente con la luce fioca di una candela, con la delicata luce di una lucciola sopravvissuta.

Grazie per aver scritto questo libro, grazie per ogni dolorosa parola. Per aver saputo dare equilibrio alla follia della vita. Io resto qui ancora un po’ e qualcosa di me ci rimarrà per sempre.
Chiudo la porta a chiave, piove forte ancora, richiamo i miei amici fedeli e torno a malincuore alla macchina. Prima però osservo le mie mani, sono capaci, così come la mia testa, di ritrovare il tempo e il modo giusto per vivere nella pace del cuore, dove il lavoro della terra non spaventa e i petali dei fiori disegnano pensieri.
Sbatto le ciglia umide, tornerò presto con un nuovo libro nel petto ed una nuova storia, ad evocare anime ed emozioni, ma per ora voglio stare a casa di Nanà ad osservare la prima neve.

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Un altro libro che mi ha emozionato:

Una minima infelicità