Afrodite. La dea dell’amore è anche egocentrica, non che sia una novità

Afrodite. La dea dell’amore è anche egocentrica, non che sia una novità

Un nuovo retelling mitologico nel mare dei retelling. Ovviamente, come la maggior parte dei predecessori, è una riscrittura dal punto di vista di una donna, anzi di una dea: Afrodite.

Speravo, nell’opera di Mariangela Galatea Vaglio, in una dea di cui nessuno parla mai, una di quelle minori che ha un compito importantissimo ma che nessuno conosce, e invece parliamo di Afrodite.

Cosa mai avrà da dire Afrodite che ancora non si sa sul suo conto?

Quando il mito non era stato canonizzato, Afrodite (che avrà questo nome solo in seguito) è una delle forze primigenie.

La dea del tutto.

La dea che attraverso le ere e le civiltà ha avuto molti nomi, molti poteri e molte vite diverse.

Afrodite come Dea Madre, come Guerriera e come Ispiratrice di passioni (per lo più sessuali).

È stata Inanna, Afrodite e Venere.

Come è accaduto che una delle forze motrici del cosmo è stata relegata ad essere la Dea dell’amore?

Ovviamente, la colpa ad un certo punto è ricaduta sul genere maschile.

Le Dee, le altre, si adattano ad una società maschilista e patriarcale mentre Afrodite si ribella e si rifiuta di sottostare ad una legge maschile.

L’incipit, scritto in prima persona, ci promette che nulla di quello che sappiamo su Afrodite è vero.

Potrebbe darsi, il retelling della Vaglio potrebbe essere convincente.

Se non fosse che la dea è esattamente come la conosciamo: pretenziosa, piena di sé, volubile, capricciosa e a tratti licenziosa.

Così è una forza del cosmo e così è una dea, non stiamo parlando di comuni mortali.

Per gli dei non conta come gli uomini le considerino, la cosa importante è che li venerino che sappiano qual è il loro posto.

L’umanità non è affar loro, se non per qualche istante che per loro è poco più che un capriccio o un trastullo.

Ma questa Afrodite si incapriccia di essere umana, di essere migliore degli altri immortali.

Mi è sembrato di tornare al liceo, quando La Creatura Perfetta (maschio o femmina che fosse) si cantava e si suonava da sola la musica che voleva ascoltare e poi dichiarava pazzi coloro che non sentivano e marciavano al suo suono.

Se non altro una cosa, questa Afrodite, ha davvero in comune con le divinità e alcuni umani: una pedanteria saccente che non ha un’originalità ma la pretesa di avere un suo posto in un mondo saturo di altri suoi cloni.

Una scrittura ricca, forse troppo, che rimane nei segni grafici che la compongono.

La Vaglio è scrupolosa, una scrittrice appassionata e preparatissima ma non esce dalla carta.

Questa scrittura, per citare uno dei miei film preferiti, “ha la stessa passione di una coppia di nibbi reali”.

Afrodite

Volete conoscere la trama di Afrodite? Cliccate sulla parola LINK

Vi piacciono i retelling? Ecco altre mie recensioni:

Il pianto delle troiane

Clitemnestra

“Non un’ombra di trasalimento, non un bisbiglio di eccitazione; questo rapporto ha la stessa passione di un rapporto di nibbi reali.” (Vi presento Joe Black)

Giuditta e l’orecchio del diavolo. Fare la cosa giusta è dovere di tutti.

Giuditta e l’orecchio del diavolo. Fare la cosa giusta è dovere di tutti.

È giunto il momento per me di tirare giù dalla pila dei libri che ancora non ho letto un volume ho desiderato leggere fin dal primo momento che no ho visto la copertina. Il Premio Strega Ragazzi 2022 nella categoria 11+: Giuditta e l’orecchio del Diavolo opera di Francesco D’Adamo.

Una copertina e un titolo che ti ammaliano sono solo i primi passi verso una storia che ti stritola nel freddo dell’autunno del 1944.

In una vallata adagiata tra le Alpi, un giorno del nostro tempo, arriva uno scrittore che inciampa in una storia raccontata da un anziano del piccolo paese di Acquadolce.

È una storia che ha dell’incredibile e Tonino, l’anziano di cui vi ho parlato sopra, è sicuro che lo scrittore non crederà nemmeno ad una parola.

Giuditta e l’orecchio del diavolo è uno di quei racconti che si deve fare nel luogo in cui si originano.

Forse è per questo che Tonino porta il suo interlocutore in un luogo che di per sé è un mistero e una meraviglia: l’orecchio del diavolo, un muro brunito dalla forma concava da cui, dicono, si possono sentire le voci degli spiriti e dei morti.

È un luogo che attira la fantasia di popolani e grandi pensatori.

Nei secoli addietro persino un Tiranno greco fece scavare un luogo simile da cui poter sentire tutti i sussurri dei suoi prigionieri, lo possiamo ammirare a Siracusa ed è noto come L’orecchio di Dioniso.

Questo genere di muri veniva costruito durante la prima guerra mondiale per poter avvertire l’arrivo dei nemici e poter correre ai ripari.

Tonino inizia il suo racconto e da subito si avverte il freddo, l’urgenza, la paura e al contempo la costrizione che l’Italia tutta viveva nel 1944.

Il padre di Tonino era il capo di un gruppo partigiano. Un uomo enorme che nell’immaginario dei suoi due figli era un eroe di Salgari e per questo lo avevano soprannominato Sandokan.

Sandokan e i suoi vivevano lontani dalle loro famiglie, in quei luoghi dove nemmeno gli spiriti oserebbero andare se solo provassero freddo e paura.

Le famiglie vivevano in maniera semplice e i bambini vivevano di storie di avventure, racconti partigiani e lavori dei campi o nelle stalle con le bestie.

In paese non vivono solo le famiglie di coloro che lottano per la libertà ma, come c’è da aspettarsi, anche quelli che si sono conformati ai dettami del regime nazifascista ma, da “Bravi” quali sono, non osano denunciare i loro concittadini partigiani perché troppo impauriti dalla fama di Sandokan e da quello che farebbero loro le famiglie dei partigiani, parroco compreso.

Giuditta e l’orecchio del diavolo è una storia partigiana.

Una storia corale che esprime tutto il suo coraggio a partire da una ragazzina arrivata in una notte buia in casa di Tonino e suo fratello Giulio.

Giuditta è ebrea e i suoi genitori sono stati portati via dai “Todeschi”, soccorsa da amici della resistenza viene portata ad Acquadolce perché sia al sicuro.

Caterina, la madre dei due ragazzi, aveva dovuto decidere in fretta e senza il consiglio di suo marito: prendere o non prendere in casa una bambina bisognosa, cieca ed ebrea.

Delle volte il coraggio si nasconde nei gesti d’impulso.

Giuditta è una ragazzina strana, tutti credono che sia una strega e tutti la conoscono come Maria figlia della zia di Tonino e Giulio.

Giuditta è forte, indipendente e illuminata da un fuoco che può ardere solo in chi conosce nel profondo il terrore ma sa piegarlo a proprio favore.

È solo una bambina direte voi.

È più coraggiosa di molti di noi vi dico io.

Vede molto meglio di tutti noi, anche senza poter usare i suoi occhi che sono specchi verso il profondo dell’animo umano.

In compagnia di cane Giuseppe, ogni giorno siede al trono dell’orecchio del Diavolo e ascolta…

Si dice anche che la bambina parli con gli animali.

Non so dirvi se questo sia vero ma cane Giuseppe, che non aveva mai ubbidito prima, ora è la sua spalla fidata e verrà insignito della bandana partigiana.

Cane Giuseppe è finalmente la vendetta di Useppe e Bella de La Storia della Morante e si prenderà quello che è suo: la giustizia per la sua sorte e nessuno si dimenticherà più di cosa veniva fatto ai bambini del suo tempo.

Questa è una mia suggestione ma i libri servono anche a questo.

Giuditta e l’orecchio del diavolo non è una storia facile anche se è scritta per ragazzi.

Con un registro di facile comprensione Francesca D’Adamo sferza ventate di gelo a chi ancora non ha compreso che fare la cosa giusta non è affare ad appannaggio esclusivo degli eroi.

Giuditta e l'orecchio del diavolo

Volete conoscere la trama di Giuditta e l’orecchio del diavolo? Cliccate la parola LINK

Fare le scelte giuste non è difficile come sostiene qualcuno. È facile, perbacco, l’hanno capito anche i lupi!