Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità.

Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità.

Un viaggio sfida quello di oggi, vi propongo di tuffarci all’interno di una pozza colma di colori e di lasciarli penetrare, attraverso le narici, la bocca, la pelle, dentro il nostro corpo fino a diventare noi stessi colore; il legame mondo-colore nella storia è imprescindibile: Il Mondo dei colori : una storia culturale in sette tonalità.

Questo libro è un meraviglioso viaggio ispirato al racconto persiano Haft Paykar (sette bellezze) in cui sono proprio i colori a raccontarci le loro storie e il legame che si è instaurato con la storia dell’umanità stessa, non soltanto nella storia dell’arte, ma in tutta l’evoluzione.
Il colore è un universo multiforme e sfaccettato, dato non soltanto dall’oggetto ma anche da chi lo percepisce. Chiedendo a diverse persone il colore di uno stesso oggetto potremo notare che difficilmente esse forniranno la stessa sfumatura, poiché anche la percezione del colore cambia in funzione della persona che lo osserva. Tutto ciò avviene secondo operazioni cromatiche compiute dal nostro cervello.

Il colore è un processo “una danza fra soggetti e oggetti, mente e materia”.

Grazie ai colori trovavo tanta bellezza anche nella banalità.

James Fox insegna Storia dell’Arte all’ Emmanuel College di Cambrige e con Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità, ci accompagna in un affascinante viaggio attraverso lo sviluppo delle civiltà, prendendo in considerazione il ruolo che hanno avuto sette colori all’interno di esse.
Un saggio estremamente affascinante che apre le porte verso infiniti campi di esplorazione se si usa come punto di partenza il colore.
Nero, rosso, giallo, blu, bianco, viola, verde ed un intricato dedalo di civiltà umana che tocca non solo l’arte ma anche l’antropologia, la religione, la chimica, la biologia, la filosofia e molto altro.


Ne Il mondo a colori: una storia culturale in sette tonalità l’autore ci presenta il colore stesso come una creatura multi sfaccettata ed estremamente complessa che non è stato solamente oggetto, ma strumento socio-culturale, forma di espressione più potente del linguaggio stesso.
Affondando le mani nei colori che l’autore esplora, ci si rende conto di quanto ogni singola tonalità abbia avuto ( e ha tutt’ora) un importante influsso all’interno di ogni civiltà e del suo sviluppo.


In principio vi era solo tenebra nascosta dalla tenebra.

Incontriamo allora il colore “non colore” più odiato e temuto nella storia: il nero. Quella porta sconosciuta che ci accompagna verso l’origine di tutto. Colui che richiama la primigenia oscurità, khoshekh è il termine ebraico, duro e gutturale. Nella storia il nero è stato associato al terrore, allo sconosciuto.Negli ultimi anni però è stato rivalutato diventando l’icona assoluta dell’alta moda e del design.

I miti della creazione di tutto il mono iniziano descrivendo l’oscurità turbolenta, le tenebre in continuo movimento.

Allora non c’era ciò che non è, né ciò che è.
Non c’era lo spazio né la volta celeste che gli sta sopra. (…)
Oltre a Ciò niente altro esisteva.
Nāsadīya sūkta o Inno del principio buio, tratto dal Ragveda (1500 a.C.)

Ne Il Mondo a colori, James Fox ci spiega che non si può legare un colore singolo ad ogni civiltà. Tuttavia, in alcuni momenti storici di una data civiltà, alcuni colori hanno dominato più di altri. Penso immediatamente al meraviglioso blu oltremare negli artisti rinascimentali e dell’epoca barocca.


Il blu è uno dei colori più amati in assoluto ( lo dicono i sondaggi) ma in realtà è un colore abbastanza moderno a livello culturale. Esso infatti non esisteva prima del Medioevo. Il blu oltremare è stato creato alchemicamente e poi usato dai più grandi pittori del Rinascimento e non solo.
Scrittori come Colerige, Wordsworth,Byron, Shelley e Keats lo collegavano a fenomeni profondi e oscuri.

Invano! L’azzurro trionfa,

lo sento che canta nelle campane, anima,

che si fa voce e più ci spaventa con la sua cruda vittoria,

ed esce dal vivo metallo in celesti angelus!
Mallarmè


Questo viaggio meraviglioso de Il mondo dei colori ci conduce anche attraverso il colore del potere e della sessualità, in grado di parlare del corpo al corpo. E’ stato il colore più usato dalle civiltà primitive: il rosso, per poi accompagnarci attraverso tutti gli altri meravigliosi universi di colore e storia umana.


Un saggio coinvolgente ed emozionante. Mi piacerebbe soffermarmi ancora su ogni colore per raccontarvi ciò che mi ha maggiormente colpito, ma questo è il mio viaggio e posso solo condividerne piccole istantanee.

Spero di cuore però di aver stuzzicato la vostra curiosità con le mie parole.

Il mondo dei colori. Una storia culturale in sette tonalità.

Leggi la trama

Altri libri della casa editrice Bollati Boringhieri:

Il continente bianco

La colonia

Con i denti

Dove mi espando io, gli occhi brillano,

Le passioni si fortificano, le sopracciglia si alzano,

i cuori battono forte.

Guardatemi, com’è bello vivere!

Contemplatemi, com’è bello vedere.

Vivere e vedere.

Lo vedo ovunque.

La vita comincia con me, tutto torna a me,

credetemi.

  Orhan Pamuk

 

 

Il mio omicidio. Un thriller originale, inaspettato e sorprendente

Il mio omicidio. Un thriller originale, inaspettato e sorprendente

Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo de “ il mio omicidio “, un thriller originale, inaspettato e decisamente sorprendente che ho letto in anteprima grazie alla casa editrice.

Il mio omicidio non è solo un thriller ma anche un distopico e un romanzo che tratta argomenti importanti come la maternità e la depressione post partum e tanto altro… ma andiamo per gradi.

Lou, la nostra protagonista è una donna sposata e madre di una bimba di nome Nova.

La sua vita viene interrotta da un serial killer che le toglie la vita, ma l’autrice è pronta a stupire con il primo colpo di scena.

Perché Il mio omicidio è così particolare e originale?

Perché grazie alla commissione di replicazione, le viene data la possibilità di vivere ancora grazie alla clonazione.

Sì avete capito bene! Lou, dalle prime pagine, si ritrova a dover rivivere quello che definisce il mio omicidio, attraverso le persone che la circondano.

Ma Lou non è l’unica vittima del serial killer ad aver ricevuto una nuova vita dalla commissione.

Lei e le altre quattro “sopravvissute” si incontravano il martedì pomeriggio per condividere il ritorno alle proprie vite.

Ma le donne del gruppo non avevano reagito come mi ero aspettata. Al contrario, avevano replicato con una raffica di streotipi: Fai una pausa. Te la meriti. Hai tutta la vita per lavorare. […] Se avessi un bebè, lo amerei troppo per separarmene. E avevo sentito la vergogna invadermi fino alla pianta dei piedi…

L’autrice de Il mio omicidio ci porta ad affezionarci a Lou mentre cerca la verità sul suo omicidio. Un percorso pieno di domande, dove l’apparenza nasconde l’inaspettato e ci regala un colpo di scena dietro l’altro tra una riflessione e l’altra.

Ci racconta il suo rapporto con la maternità, ma ci permette di avere anche un punto di vista diverso come quello della madre del serial killer che affronta il dolore della condanna del figlio.

Io non sono riuscita a staccarmi dalle pagine, merito di una scrittura magnetica, un ritmo scorrevole e colpi di scena che tengono con il fiato sospeso fino all’ultima pagina.

Se penso a Lou, immagino come per lei non sia stato facile gestire tutto. Proprio quando inizia a indagare si scontra con qualcosa di sconvolgente.

Un romanzo che stupisce per la sua potenza.

Lettura consigliata al 100%

Se vuoi leggere la trama clicca qui

Se invece vuoi leggere le altre recensioni Bollati Boringhieri, scritte dalla nostra Francesca, te ne lascio qualcuna sotto:

Con i denti. Kristen Arnett

Il continente bianco. Andrea Tarabbia

Erano mesi che non stavo in mezzo a tanta gente.

Quelle attenzioni, il contatto visivo accidentale, il mio nome che ogni tanto sembrava mormorare, mi turbavano.

 

Il continente bianco. Il gioco della sopraffazione

Il continente bianco. Il gioco della sopraffazione

Siamo dentro una partita a scacchi già decisa, nonostante l’avversario provi debolmente ad opporsi, in questa scacchiera i bianchi prendono tutto: Il Continente bianco.

Occorre stomaco per leggere questo romanzo e occorre tanta curiosità, quella apparentemente innocente che rischia quasi di ucciderti.

Sicuramente a farsi male saranno soprattutto gli altri, quelli che decidiamo di annientare, di sopraffare non solo fisicamente, ma soprattutto mentalmente.

l gioco del gatto col topo è chiaro, la via di scampo lo è sempre meno.

Schiacciare la minoranza colpevole di occupare i luoghi scartati dalla razza eletta, disgregare e separare goccia dopo goccia i popoli immigrati.

Sporchi, scuri, detentori di una lingua che qui non viene capita, occupanti di posti di lavoro che spetterebbero sempre e solo ad un italiano puro.

Allora ci appostiamo di nascosto, nei luoghi dove la luce non arriva, fino all’arrivo della puttana nera e del cliente bianco. Paura, botte, sangue.

Disgusto dentro il disgusto.

Tutto avviene sotto gli occhi cavi del Duce che, anche se non c’è più, tutto sa.

Il continente bianco è un libro che fa molto male.

Sanguino nel leggere di ciò che accade al giorno d’oggi.

Poi mi dico che è solo un libro e che è tutto inventato, mi illudo, cerco attenuanti inesistenti pur di non accettare che una parte oscura della storia venga inneggiata e usata per commettere delitti.

Un libro sporco di fango e liquidi corporei, intriso del male più oscuro.

Proprio della fascinazione del male ci parla mirabilmente Andrea Tarabbia, e di quella morbosa voglia di scoprirne l’origine, ciò che porta alla creazione del Continente Bianco.

Fare il male, e pensare a qualcosa che si ama persino.

Tarabbia affascina, la sua narrazione non lascia scampo, trascina a fondo senza farci rendere conto che il baratro ci sta ingoiando.

Ho gridato “ Stronzo, cosa diavolo stai facendo?” tante volte dentro questa sadica storia.

Il continente bianco crea la sua narrazione da un romanzo incompiuto: L’odore del sangue di Goffredo Parise.

Incontriamo infatti lo psicologo, la moglie dello psicologo e il giovane estremamente affascinante e consapevole del suo potere.

Una parte della narrazione si svolge proprio all’interno della casa e dello studio dello psicologo e di sua moglie.
Le sedute di terapia sono uno scambio talmente intenso e profondo che ad un certo punto non c’è più un confine netto fra il dolore e la morbosità dei due.

Fino a che punto ci si può lasciare affascinare dal male, fino a che punto si può arrivare credendo di potersi tirare fuori.

Il Continente bianco indaga il male ammantandolo di purezza, estremizza la morbosità e striscia come il serpente che appare più volte nel racconto.

Striscia e scava alla ricerca dell’estremo, della dominanza, del plagio.

Marcello Croce, luminoso nella sua bellezza quasi eterea, è il detentore del potere.

Un maestro degli scacchi, muove esseri umani gonfi di ideali, sottomette e schiaccia in nome dell’amore.

Nella blasfemia più estrema Tarabbia plasma una creatura quasi divina, gli attribuisce un cognome che ci riconduce sempre al pensiero di purezza e lo trasforma nel diavolo tentatore.

Si , quel ragazzo era bello di una bellezza insolita,

insieme nordica e nevrastenica,

e l’incontro con questa bellezza per qualche motivo mi inquietò …
Il suo nome era, come avrei saputo di lì a pochi giorni, Marcello Croce.

Un bianco atroce, che ingoia ed elimina tutto ciò che non combacia perfettamente all’ideale di purezza e ai valori decantati dagli appartenenti al Continente bianco. Niente deve rischiare di macchiare il bianco assoluto, nemmeno il sangue delle zecche.

La purezza mette una linea bianca tra ciò che è nostro e ciò che è altrui,

tra ciò che può continuare a vivere e ciò che, invece, può e deve morire.

La lotta al diverso però non si concentra soltanto verso i popoli che si trovano ai margini del sistema sociale, anche la borghesia, a cui il Continente bianco non appartiene, viene derisa e abusata.

Ne è la personificazione Silvia, sfruttata, plagiata e violata fino alla fine.

Un libro che ci parla di sfida oltre i limiti, di continua ricerca dell’estremo in nome di valori e perfezione, nel nome di quell’amore oscuro e deforme che amore non è.

Si può amare ed odiare profondamente un libro?

Il Continente Bianco ha suscitato in me questa dicotomia.

Ne ho amato follemente la narrazione che ammalia e spinge la curiosità ad approfondire argomenti e situazioni dalle quali, nella realtà preferirei evitare.

Un libro candidato al premio Strega che si colloca tra i primi posti nella mia personale lista delle preferenze.
A Proporre il Continente bianco è stata Daria Bignardi con la seguente motivazione:

È un romanzo forte, elegante, complesso, sul fascino del male ma soprattutto sul fascino della letteratura e dello scrivere. La storia di Silvia, la moglie perduta del dottor P. rubata a Goffredo Parise dell’Odore del sangue e reinventata con un’operazione raffinata e – mi viene da dire – pericolosa quanto affascinante, da Andrea Tarabbia, penso meriti l’attenzione del Premio.”

Qui trovi la trama

Che ci possa essere levità, e risa, e gioia, in chi compie qualcosa che per noi è orribile e violento- ecco è una cosa che non è tollerabile, che fa più male del male stesso perché dice che la vita,la vita di chi compie il male è, in fondo, nella gioia e nel dolore, non troppo dissimile dalla nostra.

O dalla mia.


La Colonia. L’inguaribile ferita di un popolo

La Colonia. L’inguaribile ferita di un popolo

L’identità di un popolo affonda le sue radici nella sua storia e nella propria lingua, attraverso un viaggio in un’isola nell’isola, La Colonia ci accompagna all’interno delle dinamiche subdole della violenza coloniale.

I pensieri che leggerete di seguito, cari viaggiatori, scaturiscono dalla comunione fra la lettura di questo libro e il bisogno di sfogare dei sentimenti che sono legati anche al mio popolo, seppur appartenente ad una diversa isola; con una diversa storia, ma con lo stesso bisogno di essere riconosciuto.

Riconoscersi nella vita isolana non è una passeggiata, o meglio lo è per chi ha solo l’esigenza di spalmarsi la crema solare e di raggiungere la prima spiaggia affollata da altri turisti.

La vita quotidiana sull’isola è ben altra cosa, i giorni trascorrono nel tentativo di sopravvivere mentalmente alla monotonia di confini fin troppo calpestati.

Lo sguardo dei più giovani si stanca nel vedere all’orizzonte soltanto mare sconfinato.

La ricerca del nuovo, dell’illusoria modernità, li trascina spesso verso nuove scoperte.

L’importante è non dimenticare dove è stato piantato il seme e dove risiede la radice della storia del proprio popolo.

Il mare ruba ogni anno un pezzetto di costa e i voraci visitatori con la pretesa di uniformare il mondo, rubano pezzi di identità.

C’è molta rabbia nelle mie parole, lo so, ma l’isola , nel mio caso quella in cui vivo, è il grido acuto di dolore storico e contemporaneamente è il canto d’amore eterno.

L’isola non perdona, ma dà sempre un’altra possibilità.

Ho stretto spesso i denti mentre leggevo le pagine de La Colonia, c’è dentro tanta ricerca e voglia di raccontare la silenziosa e millenaria lotta di un popolo che vive accontentandosi di ricordare, finché si può, finché almeno le parole rimangono intatte come quelle antiche.

Parole tramandate, a volte solo sussurrate, per paura di venire additati come appartenenti a quella “specie” che ormai è quasi in via di estinzione, che è stata domata pian piano, a volte con il bastone e le bombe, altre volte con le leggi.

No, domata mai, ma smussata e depredata.

Dentro il cuore si insinua il bisogno di stare nell’ombra e ci si capisce soltanto con uno sguardo.

Perennemente in difesa per custodirsi dai predatori.

Irlanda come Sardegna, fa male al cuore.

Arrivano in tanti come moderni Lloyd, alla ricerca dell’emozione e dell’avventura ma solo a certe condizioni.

A volte vogliono solo immortalare la magia di certi tramonti, altre volte il tramonto lo vogliono proprio portare a casa e mettere in bella vista sul mobile all’entrata.

Altre volte sono alla ricerca dell’esperienza mistica, ripassando storia e leggende dell’isola in un opuscolo turistico e hanno la pretesa di spiegarci cosa è meglio.

Quando ci si preoccupa di chiedere agli abitanti dell’isola come la pensano?
Quando si ha il tempo di stare ad ascoltare invece che pretendere risposte?

Audrey Magee ne La Colonia pone silenziosamente tutte queste domande.

Un racconto per chi non ha bisogno di colpi di scena , ma preferisce immergersi nella vita di una piccola isola del nord Irlanda, quasi completamente spopolata, che può offrire soltanto autenticità.

Masson le accarezzò la mano per incoraggiarla a proseguire:

” Gli uomini dell’isola pescano ancora, ma le donne e i bambini non scendono più a riva,

non raccolgono più niente,ed è un gran peccato, mi rende molto triste, perché laggiù c’è moltissimo cibo,

tanto buono tra le alghe e i molluschi che possono difenderci dalle malattie.

Una narrazione malinconica e indimenticabile, un sapore amaro che porto dentro da sempre e che ritrovo in queste pagine.

L’autrice, finalista al Women’s Prize for Fiction, al Festival du Premier Roman e all’Irish Book Award con “Quando tutto sarà finito” è stata anche finalista la Booker Prize con La Colonia.

La storia che si svolge ad un ritmo tutto suo nella piccola isola, viene intervallata da fatti di cronaca molto pesanti che riportano l’attenzione sugli attacchi terroristici e sulle continue lotte che insanguinano l’Irlanda.

Uno schiaffo ad ogni capitolo che rompe l’apparente, ribadisco soltanto apparente, immobilità dell’isola.

Un capolavoro di consapevolezza.

La Colonia

Per leggere la trama de La Colonia clicca qui

Tà mé anseo anois.

Lloyd si vestì.

Che cosa significa?

Sono qui adesso.

Sì, sei qui.

Libertà in vendita. Il corpo fra scelta e mercato

Libertà in vendita. Il corpo fra scelta e mercato

Ci sono elementi apparentemente separati gli uni dagli altri, parlo d prostituzione e maternità surrogata ; sono elementi che hanno in comune non soltanto il corpo della donna, ma il concetto stesso di libertà; di questo ci parla Libertà in vendita scritto da Valentina Pazè.


Viaggiatori, oggi non sono qui per offrire un viaggio fra misteriosi anfratti di mondi appena creati, oggi vi invito a sbattere il muso nella dura realtà, vi porto a spalancare gli occhi e strappare il velo delle verità più profonde che si nascondono nel corpo della donna.


Troppe volte vittima di abuso, troppe volte gestito da altri, il cui uso e sfruttamento continua ad essere motivo di dibattiti mirati più al profitto che alla vera liberalizzazione.


Una premessa importante, Valentina Panzè sottolinea già dalla prima pagina dell’introduzione le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere questo libro: lo sconcerto verso tutte le nuove forme di sfruttamento .
Non perde tempo in preamboli, ma si concentra immediatamente sulla ricerca della comprensione profonda del concetto di libertà.


E’ libertà scegliere di prostituirsi all’ interno di una struttura protetta, che fornisce sicurezza e possibilità di rifiutare i clienti, quando si è costretti a vivere all’interno di una società che spinge al raggiungimento di standard immediati, ad una competizione serrata e che altrettanto velocemente esclude dal mercato?


Denunciare un abuso o negare un rapporto non gradito all’interno di una struttura che dovrebbe tutelare, significa anche rischiare di perdere clienti, di conseguenza denaro, di conseguenza la possibilità di una vita decente.


Quali sono dunque i limiti della libertà o meglio, è possibile raggiungere “la libertà” ?

Ancora una volta:

Dietro la facciata presentabile di rapporti orizzontali,

tra pari, si nasconde la prevaricazione dei forti sui deboli.
Troppo spesso lo sfruttamento viene chiamato

“accordo fra soggetti liberi e consenzienti”

Eppure chi rivendica la libertà a prostituirsi rivendica comunque la propria libertà,

esattamente come chi affitta il proprio utero

Non un libro di retorica, ma di profondo e sentito impegno, da qui il mio imbarazzo nell’essere consapevole di avere pochi strumenti per poter parlare di questo libro .


L’autrice inizia Libertà in vendita con un capitolo che personalmente ho trovato molto interessante, proprio perché necessito di informazioni e strumenti sul concetto di libertà.


Il primo capitolo si apre con un percorso filosofico e storico, con un’analisi del cammino che è stato svolto per comprendere e tutelare la vita, il primo bene.


Da Hobbes a Spinoza, passando attraverso il pensiero freudiano, socratico e aristotelico.


Non è stata una lettura facile , credo che nessun capitolo di questo libro scorrerà facilmente, ma lascerà un segno indelebile.


Due fazioni: le donne costrette a vendere il proprio corpo, in condizioni di bisogno estremo o di sfruttamento e dall’altra le donne che hanno scelto come lavoro quello di procurare piacere in cambio di un vantaggio economico.

In effetti come si fa, a priori, a stabilire che una persona è sfruttata o umiliata, se lei nega di esserlo?
(…)
Su quali basi è possibile limitare la libertà delle persone di decidere della propria vita,

di disporre di sé e del proprio corpo,

quando ciò avvenga senza comportare una lesione dei diritti altrui?

In Libertà in vendita si fa un’analisi approfondita dei limiti e delle possibilità, degli aspetti più palesi e dei risvolti più in ombra che comportano prostituirsi, nonché del pericolo oggettivo di questo mestiere.


Un libro che tocca argomenti scottanti che hanno come centro il corpo femminile e l’essenza stessa della libertà della donna, passando attraverso il tema intricato dei limiti dei diritti dell’autonomia del singolo.

Per leggere la trama clicca qui