Non lo ritenevo possibile, non perché l’autore non ne sia all’altezza ma perché il mio amore per uno dei suoi precedenti titoli era così immenso che non pensavo potesse ripetersi e invece Manlio Castagna ci è riuscito ancora con Di fuoco e seta edito per Mondadori nel 2024.
È praticamente sulle librerie a pochissimo ma io l’ho divorato.
L’ho letto di notte e mi sono dovuta risvegliare per finirlo… continuavo a sentire i rumori della battaglia e l’ansia per la sorte dei protagonisti.
Di fuoco e seta è ambientato in un periodo tumultuoso della storia italiana.
Nell’aria c’erano le scintille di fuoco delle guerre per l’indipendenza italiana, il sapore di libertà riempiva la bocca di statisti, filosofi, politici e giovani dallo spirito indomito.
Al centro del libro vi è La battaglia di Solferino: un successo per l’Italia e un massacro di una generazione.
L’autore ha creato l’atmosfera di quegli anni in maniera vivida, soprattutto per coloro che volevano combattere ammantati del coraggio ispirato da Mazzini.
L’ingenuità di sapere cosa la guerra significa per una bandiera ma non cosa poteva significare per gli esseri umani, la presunzione di pensare che la morte di uno sarebbe stata la libertà di molti e avrebbe aiutato il proprio paese…
Di fuoco e seta è un viaggio tra due mondi, il presente e il passato.
Castagna decide di usare il realismo magico per narrare la sua storia.
È tutto vero, troppo vero, talmente vero che un tocco di magia serve a ricordare a tutti noi che i miracoli possono accadere anche in guerra.
Tre amici: Alvise, Altea e Sante.
I tre ragazzi si conoscono in una situazione che ha dell’incredibile e la loro amicizia crescerà in compagnia di un lavorio di foglie di gelso e la promessa del tessuto più pregiato.
Ma più i bachi crescono sperando nella loro trasformazione in crisalide più il fuoco si alimenta e avanza nascosto e in silenzio fino a ghermire Solferino e San Martino.
Il nemico è alle porte: nascosto, non visto. (ogni citazione è puramente non del tutto casuale).
Nel giro di poche ore l’atmosfera bucolica del loro mondo diventa l’inferno in terra e nessuno di loro può sopravvivere se l’altro viene abbandonato.
Non c’è un finale dolce in questa storia ma al contempo c’è un finale vero, come quello di molti dei racconti di chi sopravvisse a quello scontro.
Già poter raccontare è un dono e la storia deve essere trasmessa a chiunque voglia ascoltare per poter tramandare quello che è stato per creare una vita più consapevole.
Di fuoco e seta è un libro spettacolare. Un dipinto più che un romanzo.
“Se pensi che in ogni corpo umano ci sono più di duecento ossa e diciamo che solo un terzo di ogni morto quel giorno e stato recuperato…”
Se volete conoscere la trama de Di fuoco e seta cliccate la parola LINK
Oggi cari viaggiatori siamo diretti in un ridente paesino fra le montagne : Acquasplendente, ci aspettano Gli strani gatti di Brunilde Saltamerenda.
Niente può essere paragonabile agli amici, loro ci sono sempre e sotto tante forme, ci aiutano a comprendere e superare situazioni difficili e ad affrontare paure che spesso sembrano insormontabili.
Come fanno? Semplicemente restando se stessi!
A volte, come è capitato nel mondo di Brunilde, gli amici assumono forme inaspettate e mutevoli, spronandoci al cambiamento per cercare di uscire da schemi troppo rigidi.
Così accade a Brunilde, una cascata di riccioli e tante paure nascoste nel suo cuoricino, paure che cerca di esorcizzare mettendo in atto tutta una serie di piccoli rituali : una lampada sempre accesa, canticchiare quando è sola; ma Brunilde Saltamerenda non è mai sola!
Tre amici pelosi e dagli occhi molto furbi sono sempre con lei e la accompagneranno a superare una situazione che la spronerà a tirare fuori tutto il suo coraggio e anche tutta la sua pazienza, perché gli amici a volte ne combinano di tutti i colori!
Tutto improvvisamente si rompe attorno a Brunilde, anche le sue certezze si incrinano perché papà e mamma sono lontani, ed è proprio la grande rottura che fa fuoriuscire la magia!
Chi non ha mai sognato di trasformare il proprio amico peloso in uno umano per vedere un po’ cosa succede?
Io e Jana abbiamo discusso e sognato tanto su questa possibilità, i pomeriggi fra le pagine di Gli strani gatti di Brunilde Saltamerenda, sono trascorsi attribuendo voce e carattere ai nostri due amati cani: Nilo e Brigida.
Ed ecco che improvvisamente Nilo si trasforma nel grande e saggio eroe dalla voce roca e Brigida nella scapestrata avventuriera dalle orecchie a sventola!
Un racconto che ci ha tenute incollate alle pagine proprio perché tutti abbiamo delle paure, grandi e piccini e tutti abbiamo bisogno di avventure che ci aiutano ad elaborarle e superarle.
Brunilde non si fa più fermare né dall’età né dal terrore che spesso blocca , è determinata ad aiutare i suoi amici, tutti gli abitanti di Acquasplendente e a rimettere al suo posto “il grande vecchio”.
Ed è proprio grazie a tutte le peripezie che Brunilde si trova ad affrontare, che la bambina sviluppa il suo carattere e prende decisioni dettate dalla sua intelligenza e guidata dal suo intuito.
Un libro ricco di piccole perle da scoprire e che Jana ha ascoltato con grande interesse.
Anche Tommaso aveva compiuto quel terribile gesto? Non direttamente, ma questo faceva capire a Brunilde che i cattivi sono tali anche quando non compiono azioni malvagie, basta solo che lascino fare agli altri senza prendere posizione. Il silenzio di chi non combatte per la giustizia aiuta i cattivi e non li ferma.
Temi importanti per le nostre ragazze e i nostri ragazzi in crescita, uno stimolo in più per maturare senso critico e portare avanti le idee in cui si crede.
Casa non è dove sei ma con chi sei
Le deliziose illustrazioni che ci accompagnano nel racconto de Gli strani gatti di Brunilde Saltamerenda sono di Paola Siano.
Prima di approdare nel mondo fatato di Malice, cari viaggiatori, voglio che teniate bene a mente una frase: spesso ciò che luccica è soltanto illusione.
Stiamo per superare le barriere del conformismo e giungere in un regno felice solo in apparenza, un luogo in cui serpeggiano malessere e divisioni.
Le fiabe, prima o poi le abbiamo lette un po’ tutti, ci hanno trascinato dentro mondi onirici patinati e scintillanti, fatti di baci in grado di guarire ogni malanno. Sono baci del vero amore, ad uso esclusivo di principi e principesse. Baci elargiti esclusivamente a patto di essere miti donzelle in pericolo, la cui unica salvezza dalla cattiveria di streghe e orchi, può essere un maschio ( meglio se bianco e dal capello biondo) a cavallo del suo destriero.
Notate un po’ di rabbia nelle mie parole? Non posso farne a meno.
Ruoli precisi e personaggi perfettamente incasellati all’interno del sistema patriarcale. Icone perfette del bello e del giusto, preconfezionate per le giovani menti e pronte per essere emulate. Se poi per sbaglio però capita di nascere povera, meno bella, o con qualche caratteristica non solo fisica che contraddistingue dalla massa … beh peggio per noi, nelle fiabe non sono contemplati gli errori.
E cosa accade quando il disprezzo, il senso di colpa e di inadeguatezza vengono perpetrati nel tempo? Nasce il mostro.
Con questi presupposti nasce il mondo di Malice, per assestare un calcio al muro degli stereotipi di genere.
Una protagonista il cui destino è stato segnato dal colore del proprio sangue, dalle divisioni sociali di un popolo schiavo e schiavista contemporaneamente.
Un regno manipolatore e ossessionato, che vive apparentemente felice all’interno di stereotipi molto rigidi che, un po’ per paura, un po’ per incapacità, non riesce a superare.
La diversità diventa l’arma da scagliare contro.
Alyce ne paga il duro prezzo da tutta la vita, perché lei non è e non sarà mai una Grazia, a lei è riservato il titolo di Grazia Oscura.
Grazia, come no. Esiliata in una stanza ricavata da uno sgabuzzino della cucina . Somiglia più all’antro di un drago che al salottino di una Grazia. L’Antro della Grazia Oscura.
Malice non è solo il retelling di una fiaba molto conosciuta, è il seme di una lotta per spezzare le catene del giudizio.
La rabbia e l’umiliazione danzano dentro di me, le loro spine affondano nella mia pelle, nelle ossa. Il mio sguardo si vela di rosso, vorrei solo poter dare a queste persone ciò che desiderano. Sputare sulle loro facce il mio maledettissimo sangue e vederle appassire. Avvelenare il loro vino. Ucciderne i loro figli.
Lo stile narrativo è semplice ma accurato, le descrizioni minuziose ci proiettano all’interno delle terre di Briar.
Avrei preferito sentirmi maggiormente trascinata dentro i cuori delle due donne protagoniste, assaporarne le sfumature delle loro emozioni, vivere la magia di un sentimento che cresce.
Ho trovato invece deliziosa la descrizione del riconoscimento del proprio potere, un’entità viva che cresce dentro Alyce .
Potere come simbolo che autorizza Alyce ad essere pienamente se stessa, compresa la rabbia e l’enorme forza distruttiva che la vita di accuse e frustrazioni le ha fatto crescere dentro.
Ora il cucciolo sporco e abbandonato si trasforma nella creatura potente e indistruttibile.
Alyce trasmuta il proprio dolore in devastazione contro chi l’ha sempre sminuita, contro chi non ha mai saputo guardare oltre e non ha mai creduto in lei.
Se vogliono un mostro, ne avranno uno.
Nelle parole di Malice si sente fortemente la lotta interiore delle protagoniste fra l’accettazione di ciò che sono, e ciò che invece devono essere, pur di sentirsi integrate nel loro mondo di falsità.
Una lotta che conosciamo molto bene anche nella realtà e che spesso, con grande dolore, ci costringe a trovare soluzioni che imbrigliano in compromessi troppo stretti.
Malice è il primo di una dilogia, attendo la traduzione in italiano del prossimo libro per proseguire con il racconto.
Lo aspetto perché l’ultima pagina mi ha lasciata con l’amaro in bocca e una domanda costante: quando il mostro viene spinto all’estremo, quando la sua rabbia e desiderio di vendetta diventano incontenibili, è sempre e solo colpa del mostro?
Ormai non posso più nascondermi: nutro una passione smodata per le creature dell’oscurità …
Ingabbiare alcuni romanzi in un genere letterario è complicato, continuano a strabordare dai confini e proprio non ci stanno a farsi dare un’etichetta che dica a tutti cosa pensare di lui. Uno di questi titoli è Draconis Chronicon di Manlio Castagna edito per Mondadori nel 2022.
Qualche anno fa, ho incontrato questo autore su una biforcazione della mia via di Damasco.
Mi sentivo tradita dalle storie, le accusavo di sedurre scrittori non in grado di amarle come avrebbero dovuto. Mi sentito maltrattata, come lettrice, da una letteratura che si gettava verso un abisso di clichè stereotipati e troppo amoreggianti.
Ad un certo punto, mi è piombato tra le mani il primo libro di Manlio Castagna e soprattutto Una Storia che aveva avuto il coraggio di essere se stessa e scegliere qualcuno che ne aveva amato le luci e le ombre.
Questo è stato il mio incontro con Manlio Castagna e ad ogni suo libro trattengo il respiro fino all’ultima parola.
È stato così anche per Draconis Chronicon.
Nella Salerno del 1066 vivono 4 ragazzi, la Storia li conosce da adulti ma, prima di crescere, devono affrontare la grande Cerca che li porterà ad affinare le proprie personalità e la loro determinazione.
Tutti gli adolescenti devono passare attraverso il cerchio di fuoco.
Tutti, compresi i grandi della Storia.
Freud, se non mi sbaglio, teorizzò che la prole per diventare adulta doveva metaforicamente “uccidere il padre” ovvero passare dall’emulazione dei genitori ad andare, con le proprie gambe, su percorsi che non sono ancora state battuti e trovare la propria grandezza.
Diciamo che il Dott. Freud non si è proprio svegliato la mattina teorizzando qualcosa che ancora non aveva afferrato nessuno. L’uccisione metaforica di chi ci ha preceduto ha inizio molto tempo prima della nascita della psicologia, a Roma poteva capitare che si finisse in un sacco di iuta lanciato nel Tevere, ma questa è una storia di una repubblica arcana molto lontana dai fatti di Salerno.
Il protagonista di questa avventura scritta da Manlio Castagna è Barliario.
Non è solo e presto lo vedremo ma se non fosse stato per lui, forse, tutto questo non si sarebbe mai verificato.
C’è una voce nell’aria, qualcuno urla al vento l’avvento di una bestia e il cambiamento dei tempi.
Lo sappiamo bene, nessuno presta mai attenzioni a questi avvertimenti ma, coincidenza o no, quella stessa notte il padre di Barliario finisce vittima di un incendio che lo lascia in fin di vita.
Il ragazzo viene avvicinato da uno strano individuo, una leggenda della città: Arimane.
L’uomo può essere pericoloso e Barliario lo percepisce ma sa che ascoltare le sue parole è l’unico modo di trovare la cura per il padre morente.
Alcune volte, miei cari lettori, è necessario dare una spintarella a chi deve passare il confine. Alcuni non sono inclini ad allontanarsi dalla via maestra.
Vi ho già detto che il protagonista non è solo ma con lui c’è Shabbatai, suo compagno di scorribande nella città ma anche amico sincero. Un vero e proprio compagno d’arme.
Non vi ho detto che Barliario vuole diventare un alchimista come suo padre, vero?
Ho aspettato il momento di presentarvi l’altra protagonista della storia: Trotula de Ruggiero. Qualcuno la conosce come la prima donna a diventare medico.
Sapete anche che era già molto sicura di se stessa da giovanissima?
Che nonostante fosse promessa sposa ad un bullo che era poco più di “un asino su un cavallo” (cit.) decise di sovvertire l’ordine della società e scappare con Barliario e Shabbatai per trovare una cura di cui lei non conosceva nulla?
Trovare ed uccidere un drago è la loro missione.
Sì, avete capito bene.
Dove pensavate portasse il titolo Draconis Chronicon?
Verso un libro polveroso?
Se si parte non lo si fa per trovare una lucertola dal veleno miracoloso, vi pare?
Con Trotula parte anche la sua “dama di compagnia” Mercuriade, più una guardia del corpo che una dama. Entrambe le ragazze fanno da contraltare alla coppia di Barliario e Shabbatai: amiche e compagne d’arme. Quattro adolescenti cocciuti lasciano Salerno per la ricerca del drago.
Questa è un’avventura in cui si combatte, si lotta e si imparano tecniche prodigiose che sfiorano la magia.
Ci saranno avvenimenti in cui il lettore verrà messo alla prova. Perché ad avere fede non devono essere solo i protagonisti della storia ma anche chi legge.
Abbiate fede. Siate forti e coraggiosi. Non abbiate paura del fuoco, anche se brucia non vuol dire che morirete.
Facile, no?
Oltre a tutto questo, i ragazzi saranno inseguiti dal suddetto asino sul cavallo, ovvero il fidanzato di Trotula.
Se ne libereranno? Non posso dirvelo, di certe persone non ci si libera mai veramente, dovete scoprirlo da soli leggendo il libro.
Troveranno il drago? Staremo qui a parlare di questa storia se fosse altrimenti?
Dovete ancora avere fede. Sono creature misteriose i draghi.
Non sempre tutto quello che si vede è la realtà di quello che è.
Lo so, voi volevate sapere del drago e io sto qui a cincischiare su principi di filosofia dell’alchimia.
Non è giusto ma il mondo è così e per dischiudere i suoi misteri dee essere vissuto e nessun altro può farlo in sostituzione di altri.
Draconis Chronicon è un’avventura a confine tra veglia e sogno, tra realtà e il mondo delle ombre. Non avete scampo, se non volete essere perseguitati da Arimane dovete leggere il libro.
Ma allora, se mi è piaciuto così tanto Draconis Chronicon perché solo 4 stelle?
Il libro è bellissimo ma… Manlio ha già un capolavoro al suo attivo e nel mio cuore è quello il suo 5 stelle.
Questo non toglie che la storia di Barliario, Trotula, Shabbatai e Marcuriade sia un gioiello tutto da leggere.
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Perchè la paura non si fa mettere da parte. Quando sento il mio corpo che si sdoppia, ,i prende una paura che strizza le budella. Anche se ti sembra di tenerla a bada, resta in agguato. E ti salta addosso, appena le permetti di farlo.
Lo ammetto prima di ogni altra cosa: la copertina di Le Impure di Kim Ligget non mi piace e non mi piaceva quando ho deciso che lo avrei letto.
Perché?
Il colore mi ricordava qualcosa di zuccheroso, il volto di profilo sembrava la raffigurazione della ragazza perfetta e baciata dai doni di Madre Natura.
Tutto mi lasciava presagire che avrei trovato una storia trita e ritrita basata su un femminismo irreale ma tanto in auge anche se svilisce la verità della questione che vorrebbe valorizzare.
Chi non sceglie libri anche lasciandosi guidare dalle loro vesti grafiche, forse, non mi può comprendere ma il colpo d’occhio è uno dei miei criteri di scelta.
Mi capita di sbagliare? Ovviamente.
Se Le Impure non mi fosse stato consigliato da chi pensava che lo avrei apprezzato, nonostante la copertina, non starei qui a parlarne con voi.
Non è stato primo amore tra me e Le Impure, ci siamo osservate da lontano e siamo arrivate ad avere il primo appuntamento. Uno di quei Rendez-vous per cui non si hanno grandi aspettative e ci si aspetta di essere delusi.
Insomma, ho detto all’altro libro sul comodino che se non fossi arrivata a prenderlo in mano entro una certa ora, avrebbe dovuto chiamarmi per fingere un’emergenza.
Come è andata? Quando la chiamata è arrivata, ho rassicurato che l’appuntamento non era poi così malvagio e sarei rimasta in attesa.
Sono stata ben ripagata di questo mio azzardo: le pagine di sono guadagnate il mio tempo e il mio apprezzamento.
Le Impure è un libro che ho amato?
Non sono sicura della risposta che dovrei dare.
Questo è un libro dall’ambientazione distopica che strizza l’occhio alle opere più famose della grandissima Atwood.
E come tutte le storie con questo tipo di caratterizzazione, ci si trova in una bolla di realtà dove non è importante il luogo degli avvenimenti, nemmeno è determinante il tempo (ammiccare ad un’epoca storia piuttosto che ad un’altra è un mero gioco di costruzione della storia).
La narrazione è per sua natura esacerbata e portata a toccare il limite di un’incredulità che sfonda la parete della dimensione del reale ed è talmente forte il paradosso che ci si trova catapultati un realismo inaspettato e bruciante.
È un gioco di confini sottili ma taglienti e non è facile giocare con le lame se hai paura di tagliarti.
Torniamo a Le Impure.
In un villaggio che fa pensare ad una comunità religiosa conservatoria dei costumi medievali, le ragazze che raggiungono l’età di 16 anni vengono mandate per 365 giorni, il loro Anno di Grazia, in un luogo lontano dal villaggio in cui staranno per liberarsi dalla loro magia.
Perché? Le esponenti del sesso femminile, nel momento della loro maturità, sembrano possedere la malìa concessa da poteri che solo il demonio potrebbe aver concesso loro. Quindi la comunità governata da soliti ignoti, le obbliga a rendersi pure e questo le aiuterà a tornare nella società pronte ad obbedire, essere madri e svolgere il loro ruolo nella società: madri e soprammobili.
Non è una caccia alle streghe, la comunità di Garner County non si mette a cercare nessuna praticante di arti magiche, da solo per scontato che lo siano tutte e quindi siano Impure.
In un mondo distopico non è importante nemmeno il tipo di culto, tutti sono uno e uno sono tutti, funziona così: sono tutti reali perché così è nella realtà.
Cosa accade in quel luogo in cui si viene mandate per essere libere dal peccato?
Iniziamo con il confessare che prima di partire “le elette”, Le Impure, subiscono la cerimonia del dono del velo. Quando saranno pronte per la società si sposeranno con chi ha donato loro il velo nuziale, le altre forse saranno spedite nel borgo dell’infamia o a lavorare presso altre comunità.
Se vuoi rimanere nell’unica società che conosci ti devi sposare. Meccanismo già visto, la distopia non è fantasia ma realtà.
Tierney James, protagonista principale della nostra storia, è l’eccezione: quella che non ci sta ad essere trattata come un animale da riproduzione, quella che accetterebbe di essere cacciata pur di non sottostare a regole che non vuole ma, riceve il velo dal ragazzo che è sempre stato il suo migliore amico. Ovvero, l’unica persona da cui pensava di essere capita.
Ragazzi e ragazze possono essere d’accordo su qualsiasi cosa prima di scontrarsi con l’ordine costituito.
Tutte le donne di Garner County devono pettinarsi allo stesso modo, con i capelli scostati dal viso e intrecciati sulla nuca. Gli uomini credono che, così facendo, le donne non potranno nascondergli nulla: un’espressione sprezzante, un’occhiata lanciata ad altri o un lampo di magia. Nastri bianchi per le bambine, rossi per le ragazze dell’anno di grazia e neri per le mogli.
Innocenza. Sangue. Morte.
Quattro sono le stagioni in cui Le Impure devono affrontare l’accampamento nella foresta.
Un luogo in cui le abitanti dell’Anno di Grazia precedente hanno distrutto tutto. Un accampamento che è una rovina recintata da uno steccato che potrebbe ricordare un certo villaggio gallico circondato dai romani.
Sole contro tutto e contro loro stesse.
Al di fuori ci sono bracconieri pronti ad ucciderle se si allontanano dallo spazio loro riservato: come bestiame, come fiere.
Le streghe sono dentro e gli agnelli sono fuori o tutto il contrario?
Sappiate che se tutto vi sta sembrando crudele, la verità dietro a questo gioco al massacro è peggiore di come pensate che sia. Non vi piacerà.
Siete in un mondo che è reale ma non lo è. Non è un incubo ma la realtà, lo sapete anche voi.
Ogni stagione nella narrazione rappresenta un momento di svolta della storia, c’è un tempo per ogni cosa.
Tierney inizia con un approccio realistico e pratico alla situazione: serve acqua, serve cibo, serve essere una squadra. Peccato che tra le sue compagne di sventura c’è chi crede alla storia della magia e decide di usarla a proprio vantaggio.
Qualcuna, per non confessare segreti inconfessabili, diventa carnefice.
Però la magia non è falsa, anzi si manifesta.
Le Impure sperimentano i loro poteri e il logoramento psicologico dell’illusione e della follia.
Non tutte possono tornare a casa e chi lo farà non sarà più la stessa.
La Tradizione uccide.
Le ragazze uccidono.
Tierney, scettica e priva di una briciola della magia delle altre, viene isolata e poi scacciata.
Inizia a scoprire che le donne che hanno vissuto quell’esperienza prima di lei hanno qualcosa da dirle ma prima che lei possa arrivare a comprendere il vero segreto delle donne della contea, Tierney incappa nel difetto di questo libro.
Qui arriva il punto dolente, che non mi ha proprio convinta ma non mi ha nemmeno distrutto la lettura.
Tierney verrà tratta in salvo dalla creatura meno improbabile che si può trovare in un libro come questo: La Bestia dal cuore d’oro.
Come se fossimo in una pellicola di animazione, la ragazza più intelligente finisce preda del cliché più banale che Le Impure poteva incontrare.
Certo che al punto in cui era la protagonista le svolte potevano essere due:
La prima: la fanciulla nella foresta scopre di essere Bear Grylls (noto esperto di sopravvivenza in casi estremi) creando l’ulteriore stereotipo della superdonna che risolve ogni situazione tanto caro a quest’epoca;
La seconda: in cui la sfortunata ingenua, ingiustamente presa a calci da un regime di follia, cade innamorata del cattivo dal cuore d’oro.
Davvero non so scegliere quale delle soluzioni sia peggio.
Non so cosa ne pensate voi ma io dopo una cosa del genere, normalmente chiudo il libro.
Questo tipo di storie inizia ad annoiarmi e il mio tempo è prezioso per essere sprecato con creature graziose, costruite in serie, che possono solo essere supereroine o bisognose del fusto di turno.
Ho continuato a leggere Le Impure? Se non lo avessi fatto non ve ne parlerei.
Ho deciso di proseguire perché la magia delle ragazze, che minacciava di trasformare la distopia in una fantasia da Young Adult scritto in serie, doveva essere smascherata e dare un finale.
Tierney doveva dare forma a l’idea che le si stava formando nella mente e nel cuore, per la salvezza di tutte e di tutti.
La liaison amorosa sarà stata un cliché, forse banale, ma nel contesto generale aveva uno scopo.
Non ci si salva da sole e nemmeno si salva qualcuno con la testardaggine di essere migliori del sesso opposto.
Si deve poter credere che esiste una via d’uscita dal considerarsi sempre ed inesorabilmente vittima l’uno dell’altro.
L’autrice è riuscita a convincermi ad andare avanti.
La distopia è un’esasperazione della realtà ma non è forse vero che, a prescindere se uomini o donne, si crede di essere necessariamente in credito di qualcosa nei confronti dell’altra “squadra”?
Se non si spezza la catena nulla cambierà mai e nel farlo, doveroso è dire, per chi crede che le storie debbano sempre essere Rosa e piene di lieti fini, che sovvertire l’ordine costituito è doloroso e comporta un prezzo.
Costerà sacrificio, costerà vite e costerà orgogli.
Le Impure mi ha dato la possibilità di riflettere su alcuni temi trattati.
È una lettura piacevole, scorrevole, non mi ha sedotta ma si merita di essere letto.
Vuoi leggere la trama de Le Impure? Segui questo link
Si dice che abbiamo il potere di convincere gli uomini ad abbandonare i loro letti, di far perdere la testa ai ragazzi e di far impazzire di gelosia le mogli. Si crede che la nostra stessa pelle emani un forte afrodisiaco, l’essenza potente della gioventù, delle ragazze sul punto di diventare donne.
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