Intervista Vanessa Roggeri –  Il ladro di scarabei

Intervista Vanessa Roggeri – Il ladro di scarabei

Cari viaggiatori, oggi vi propongo un’intervista a Vanessa Roggeri.

Ciao Vanessa, grazie per aver accettato di essere di nuovo ospite di Libri in viaggio.

Sono passati tre anni dalla tua ultima pubblicazione e il 21 Maggio finalmente uscirà il tuo nuovo romanzo, Il ladro di scarabei, edito Rizzoli.

Come ti senti?

Grazie di cuore a voi per l’invito, e grazie perché ogni volta mi fate sentire a casa. Questa è la prima intervista in vista della mia nuova pubblicazione, rompiamo subito il ghiaccio: mi sento benissimo! Mi sento felice e privilegiata, perché sono consapevole di fare quello che ho sempre sognato, cioè scrivere storie e donarle ai tanti lettori che
desiderano leggerle. Mi sento anche grata perché so che continuare a pubblicare con una grande casa editrice non è un fatto scontato per nessun autore anche dopo anni di mestiere. Ogni volta si ricomincia. Mi sento alla vigilia di una festa per me importantissima, il momento come potete immaginare è carico di un caleidoscopio di emozioni, un
concentrato di aspettative, trepidazione, speranze, impazienza. È anche l’ultima fase di un processo che vede concretizzarsi anni di lavoro, è impossibile non sentirsi attraversati dal brivido della scommessa. La pubblicazione potrebbe andare bene, fare il tanto atteso botto, o andare meno bene. L’indeterminabilità di ciò che accadrà è parte del mestiere di scrittrice. Nonostante ciò, sono più tranquilla del solito.

Cosa è cambiato rispetto alle precedenti pubblicazioni?

È cambiato che io sono cambiata, la mia penna è maturata, l’esperienza mi ha reso più consapevole di un mondo, quello dell’editoria, che 10 anni fa non potevo nemmeno immaginare. Sono più sicura delle mie potenzialità, ma soprattutto confido come mai mi è capitato prima nella forza trascinante del mio nuovo romanzo e nel potere suggestivo del protagonista Antino e degli altri personaggi. È una sensazione che viene da dentro, qualcosa di simile l’ho provato solo per Ianetta. Oggi arrivo al mio quinto romanzo godendomi il momento presente con maggiore serenità e gioia.

Cosa ti aspetti da questa nuova avventura?

Per scaramanzia non scenderò nei dettagli che riguardano i miei sogni, in verità mi aspetto molte e precise cose, dirò semplicemente che mi aspetto tutto il meglio che c’è e anche di più.

Puoi dirci se hai un personaggio preferito?

Antino, il protagonista, senza nessun dubbio. Ora è difficile parlarne senza fare spoiler, ma devo ammettere che tra tutti i personaggi che ho inventato finora è quello che più mi ha travolta. Indagare la sua psiche e la sua anima fin negli angoli più oscuri è stato davvero come compiere un viaggio totalizzante. Antino ha preteso che narrassi la sua
storia e io l’ho accontentato senza risparmiarmi. Il ladro di scarabei è lui e per scoprire perché non dovete fare altro che leggere il libro.

Se vuoi leggere le sinossi dei libri di Vanessa Roggeri clicca sotto.

Il vento non lo puoi fermare. Il turbine che spinge alla vita.

Il vento non lo puoi fermare. Il turbine che spinge alla vita.

Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo de Il vento non lo puoi fermare di Elvira Serra pubblicato da Rizzoli nel 2021.

Ho deciso di pubblicare la recensione nonostante sia uscito in libreria da qualche anno perché la storia scritta da Elvira Serra mi è rimasta nel cuore e vorrei farvela conoscere qualora vi fosse sfuggita.

Il vento non lo puoi fermare è un romanzo speciale.

Elias, il protagonista di questo racconto è un ragazzo molto timido che decide di dichiararsi alla ragazza che fa battere il cuore da diverso tempo.

Una sera, con la scusa di darle un passaggio a casa, prova a trovare le parole giuste per palesare i suoi sentimenti, ma non ci riesce e quindi risale in macchina pieno di delusione per il mancato coraggio.

Non sapeva ancora che nel giro di qualche istante il suo destino sarebbe cambiato per sempre, e purtroppo non solo il suo.

Quella notte, mentre è assorto tra i suoi pensieri, investe una giovane donna che muore sul colpo.

Da quel momento Elias si chiude in camera, diventando lui stesso un giudice che emette la condanna più severa, restare solo, in silenzio, scontando così la sua colpa per diversi anni.

Il vento però non lo puoi fermare e quindi piano piano muove i suoi passi alla ricerca di un nuovo posto dove provare a ricominciare.

Grazie alla musica e a Violetta trova la forza di uscire da quelle quattro mura che sono diventate la sua prigione.

Cerca dunque di cambiare aria lontano dalla Sardegna dove è cresciuto, un nuovo vento che porta coraggio.

Il vento non lo puoi fermare è un libro che trascina verso sentimenti difficili da gestire.

Sensi di colpa che annientano, ma è anche in grado, tra tutto quel dolore, di farci capire come sia possibile tornare a respirare piano piano.

Il vento non lo puoi fermare è ambientato a Cagliari e si percepisce tutto l’amore dell’autrice per la sua terra da come la racconta in queste pagine.

Un amore verso un’altra grande autrice sarda, Grazia Deledda, ed è dal famoso romanzo Elias Portolu che prende ispirazione per il nome del protagonista.

Il vento non lo puoi fermare

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“Smettere di respirare, finché siamo vivi, non è possibile. Pure se vorremmo”.

I chiostri di New York. Volta l’arcano dell’ambizione

I chiostri di New York. Volta l’arcano dell’ambizione

L’imprevedibilità della vita porta l’animo umano all’inevitabile curiosità verso il domani, lo racconta la storia, ce ne parlano le carte e le pagine dei Chiostri di New York.


Ci affanniamo continuamente a scavare, sondare, analizzare questo misterioso universo che è la vita, una curiosità che abbiamo coltivato fin dai tempi passati.
Bastava un fulmine scagliato su un albero per pensare all’ira degli dei, o una settima figlia femmina per portare sventura.
Leggende, superstizioni, letture delle varie sfaccettature della vita.


Quando la maestria umana però riesce ad incasellare la sfida dell’uomo con il destino, allora nascono cose davvero preziose.
A quel punto coppe e bastoni non diventano solo scommesse da fare su un tavolo in compagnia di amici.


Le carte si vestono di arte arcana, trasformandosi nel chiaro segno, nella risposta alla domanda, nel responso dell’oracolo.

Tra l’egittomania della Francia del XVIII secolo e l’atmosfera di una corte che amava segreti e misteri,

i tarocchi svilupparono un uso completamente differente.

Ma credo che ci sia ancora da dibattere sulle pratiche occulte nel XV secolo,

specialmente nelle zone tra Venezia, Ferrara e Milano.

Un’area che era una specie di triangolo d’oro per pratiche magiche sperimentali.

Ne I chiostri di New York c’è la ricerca del segreto a tutti i costi e con ogni mezzo, lecito o meno.


Passeggiare tra gli antichi chiostri del museo di Cloister deve aver avuto un grande fascino per la giovane ricercatrice Ann.

Intricati labirinti nei quali la via d’uscita non sempre è chiara.

Ma in lei c’è la passione verso la ricerca, l’emozione nell’avvicinarsi ad oggetti dal valore simbolico, che risalgono a secoli addietro.
La passione verso la conoscenza è un tarlo che non lascia mai in pace, né di giorno, né di notte; logora fino a che non raggiunge il più alto grado di soddisfacimento.
A volte però la tenacia verso questa ricerca può portare ad abbattere tutto ciò che ci sta intorno, oggetti e persone, che assumono valore in base all’uso che se ne farà per raggiungere l’obiettivo.

Nei Chiostri di New York, oltre alla ricerca storico artistica del primo mazzo di carte usato per la divinazione, si intrecciano vite e storie d’amore, raramente oneste, troppo spesso manipolate.

Dal gioco delle carte al gioco mortale.

Ciò che più ho amato in queste pagine è stata l’interessante fusione tra storia, storia dell’arte e storia dell’occulto.

C’era bisogno di un po’ di magia per rendere sopportabile un’infanzia opprimente.

Così fra le pieghe di una Papessa che cela le vesti della Sacerdotessa, restano incastrati ricordi, fantasmi del passato che riemergono a ricordare chi siamo veramente.
Altre volte l’asso di spade taglia tutto senza guardarsi indietro, decapitando ogni bocciolo di sincera tenerezza.

I Chiostri di New York sono l’esordio narrativo di Kathy Hays che, da sapiente insegnate di storia dell’arte, ha saputo dosare mistero, storia e qualche goccia letale di Belladonna.

Quando il destino è già scritto,

l’ambizione può uccidere

La tensione è palpabile fra le pagine, ma anche la determinazione ad ottenere ciò che si desidera a tutti costi . Come se un nuovo arcano maggiore torreggiasse su tutti: l’ambizione.
Ma c’è anche chi, nel silenzio apparente delle carte, sa trovare rivelazioni e un indomito coraggio per crederci ciecamente.
Mi sono domandata alla fine, se fossero proprio le carte a decidere il destino degli uomini e non solo a raccontarlo.

I chiostri di New York

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Sostenevamo che le carte, come molte cose nella vita durante il Rinascimento, avessero un duplice scopo:erano sì usate per giocare ai tarocchi, ma anche per predire il futuro.

Bucaneve. La ricerca di se stessi tra le avversità

Bucaneve. La ricerca di se stessi tra le avversità

Buongiorno viaggiatori, oggi vi parlo di Bucaneve edito Rizzoli.

Ambre è una ragazza di vent’anni che si scontra duramente con la solitudine e questo la porta a un tentativo di suicidio che non va a buon fine grazie all’intervento di Philippe.

«Ambre!»
L’urlo squarciò la stanza come un colpo di frusta. Cadde in ginocchio, le prese i polsi inerti, li strinse forte. Senza volerlo, riaffiorarono vecchi riflessi condizionati. Come se il suo cervello fosse passato in modalità automatica. Fermare l’emorragia. Prendere degli asciugamani, avvolgerli attorno ai polsi, premere per contenere il flusso.

I suoi genitori preferiscono il silenzio e non si preoccupano minimamente di fare sentire la loro figlia amata, questo comportamento compromette il loro rapporto e porta Ambre a dipendere totalmente da un’uomo sposato, Philippe, che la “usa” solo per spassarsela… altro motivo che la spinge verso il gesto disperato.

Da questo momento inizia per lei una nuova vita in un hotel dove inizia la stagione come cameriera e si trova a doversi confrontare con gli altri dipendenti.

Melissa da Costa, in Bucaneve, ci presenta diversi personaggi che provano a fare i conti con le delusioni delle loro vite.

Ambre deve giocarsi bene la sua seconda possibilità ed è facile per chi legge affezionarsi a lei e seguire il suo percorso di rinascita e crescita con molto interesse.

Ho avuto modo di apprezzare l’autrice con i suoi due precedenti romanzi che ho amato tanto.

Un romanzo che grazie ai numerosi personaggi ci pone di fronte alla vita vera, fatta di sacrifici, sbagli, sofferenza ma soprattutto di ricerca del proprio posto in un mondo che non smette di sorprendere.

Bucaneve

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Altri libri recensiti da me?

La casa delle luci

La malnata

Sono due giorni che ho la sensazione di essere ridotta in mille pezzi. Come se fossi esplosa di dolore. Oscillo a seconda del vento, mi sparpaglio, sempre sul punto di dissolvermi. Divento indifferente a tutto ciò che accade attorno a me. E un attimo dopo, torno a provare sensazioni violentissime. E non so nemmeno cosa sia peggio.

Dendera. Il realismo magico di Yūya Satō si ammanta di innocenza per poi sbranarvi.

Dendera. Il realismo magico di Yūya Satō si ammanta di innocenza per poi sbranarvi.

Dendera è un nome che evoca antiche rovine, antiche dee e templi ricchi di reperti di rara bellezza. Ma non siamo in Egitto.

Siamo in un luogo dove la neve diventa piuma di corvo, dove il silenzio inghiotte ogni cosa e porta via gli inuditi ultimi lamenti di chi viene lasciato sulla montagna.

Yūya Satō ci trasporta in un luogo indefinito del suo Giappone, dove pennella un’atmosfera di ovattata realtà tra le nevi ma non ha paura di sporcare l’immobilità con il rosso della furiosa paura.

Una volta, tanto tempo fa, esisteva tra le popolazioni più antiche un’usanza.

Questa tradizione, ai nostri occhi potrebbe sembrare piuttosto barbara e impensabile da applicare al giorno d’oggi. Ma non esisteva una società come la nostra in quei lontani momenti di storia e per legge chi era troppo vecchio per contribuire alla società veniva…allontanato.

Il Villaggio imponeva uno stile di vita immacolato. Gli anziani, dopo aver compiuto settant’anni, dovevano compiere l’ascensione per raggiungere il paradiso.

Coloro che ascendevano indossavano uno Yukata bianco, venivano accompagnati sulla montagna dai loro familiari e poi lasciati lì.

La neve, il freddo, i corvi facevano compagnia a coloro che si mettevano in cammino per il paradiso.

Un passo alla volta.

Fino a che i piedi non erano troppo gelati. Fino a quando il corpo non si sentiva troppo intorpidito dal freddo. Fino al momento in cui ci si addormentava sognando la luce e tutti coloro che aspettavo dall’altra parte del cancello per vivere, finalmente senza più affanni, insieme per l’eternità.

Come vi sembra? È una fine poetica se solo vi sforzate di vederla sotto una determinata luce.

Dendera è un mondo tangibile e riconoscibile ma vi inonderà di sussurri e non potrete scappare.

Kayu ha accettato il suo destino, è pronta ad abbracciare la morte come una vecchia amica.

Ma…mentre la neve le sta preparando il suo ultimo giaciglio, i corvi le cantano il loro ultimo commiato e il gelo le accarezza i capelli come fosse ancora una bambina, accade qualcosa.

Quando Kayu si risveglia non è più nel bosco ma in un piccolo insediamento: Dendera.

Solo donne, tutte sopravvissute alla montagna, una piccola comunità di anziane che ha scelto di continuare a vivere a dispetto di coloro che per loro avevano deciso Morte.

Kayu voleva morire, non vivere. Questo era contravvenire alle leggi della vita e significava anche che non avrebbe più potuto ascendere al paradiso perché aveva osato rubare un esistenza che non le era più dovuta.

La comunità di Dendera è povera, le donne si adoperano senza sosta conducendo una vita funestata da una caccia scarsa, la mancanza di utensili e di raccolto ma vivono ancora.

Alcune vivono per dimenticare di essere state abbandonate e creare un luogo da poter chiamare casa; altre vivono per distruggere coloro che le volevano sole in vita e sole nella morte.

Kayu scopre presto che, nonostante quanto le altre donne si ostinino a professare una vita serena, gli equilibri all’interno di Dendera sono fragili.

Le due fazioni sono coinvolte in una lotta silenziosa.

A Dendera, ricordate, le donne sono tutte anziane e alcune di loro si apprestano ai 100 anni.

Sono poche e la possibilità di attaccare una comunità giovane, senza l’aiuto di armi, è piuttosto un suicidio che una missione.

Dendera è un microcosmo che vive nella neve immacolata.

La carestia di cibo non riguarda solo loro ma anche l’orsa che vive sulla montagna.

L’orsa e Dendera ingaggiano una battaglia che causerà una spirale di sangue, dolore e morte.

La fame, la paura, la guerra e la pestilenza sono pessime consigliere e quando la lotta inizia non c’è modo di fermarla se non pagando un tributo di morte.

Ma l’orsa non è l’unico araldo di distruzione che funesta Dendera e questa minaccia non ha un nome, non ha una forma ma uccide.

Yūya Satō è un maestro del “realismo magico”.

Dendera si compone di pagine ammantate di silenzio e urla, dove il silenzio è palpabile come la paura.

L’inquietudine ti si posa addosso come una magia, come una coperta calda a cui non riesci ad opporre resistenza e, quando il sonno sopraggiunge, non si può far altro che arrendersi.

Vi ricordate che, tempo fa, vi ho parlato di Le Impure. Sovvertire l’ordine costituito passa dal cliché di narrazione? Dendera è la prova che si può parlare della condizione delle donne e di tematiche sociali senza dover rendere tutto uno show di marionette.

Dendera è un romanzo di sensazioni, concetti e riflessioni vere ed è questo che lo rende speciale.

Dendera

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difficilmente mi farò ammazzare senza opporre resistenza…“. Si rese conto di come quella fosse la comune convinzione di tutte le donne che erano sfuggite all’ascesa rituale alla montagna per poi vivere a Dendera.